C'è chi, dopo il pensionamento, non può fare a meno di lavorare per arrotondare l'assegno e chi vede l'opportunità di mettere a frutto l'esperienza acquisita in tanti anni di attività. In ogni caso occorre fare i conti con il divieto di cumulo.
Con il Protocollo sul welfare il governo si è dichiarato disponibile, come del resto aveva fatto la riforma Maroni, a rivedere l'attuale regime per incentivare, da un lato, la permanenza in attività dei pensionati e dall'altro di contrastare forme di lavoro nero e irregolare. Ma per ora restano le regole fissate dalla precedente normativa.
Per rispondere ai quesiti dei lettori vediamo in quali casi, una volta in pensione, si può svolgere un'attività senza rimetterci nulla e quando invece si deve sottostare alla trattenuta.
Cumulo totale
Il problema del cumulo non si pone per i pensionati di vecchiaia che dal 2001 non sono più soggetti ad alcun tipo di trattenuta, sia che lavorino in proprio che come dipendenti.
Il discorso si fa più complicato per i pensionati di anzianità per i quali il regime di cumulo resta diversificato, in relazione all'anzianità maturata e alla decorrenza della pensione. Le regole più favorevoli, introdotte dalla Finanziaria del 2003, convivono peraltro con quelle emanate in precedenza se risultano più vantaggiose per il pensionato. Conserva l'intero assegno chi si trova in una delle seguenti condizioni:
- ha maturato almeno 40 anni di contributi, considerando anche quelli versati dopo il pensionamento;
- può far valere al momento della pensione almeno 58 anni di età e 37 di contributi;
- è andato in pensione entro il 1° dicembre del 2002 con meno di 58 anni di età e 37 di contributi ma ha versato entro il 17 marzo 2003 una specie di ticket.
Cumulo parziale
I pensionati di anzianità che non rientrano nelle situazioni indicate sono ancora soggetti al divieto di cumulo. Perdono tutta la pensione se si rioccupano come dipendenti. Mentre se svolgono un'attività autonoma subiscono una trattenuta parziale, pari al minor importo tra il 30% della quota eccedente il trattamento minimo (443,12 euro al mese nel 2008) e il 30% del reddito conseguito.
Ecco un esempio di come funziona il meccanismo. Rossi ha una pensione di 1.600 euro al mese e un reddito di lavoro autonomo di 800 euro. In questo caso saranno trattenuti 240 euro al mese (30% di 800),anziché 347,06 euro, corrispondenti al 30% della quota eccedente il trattamento minimo (1.156,88 euro).
Il divieto di cumulo scatta per compensi e proventi conseguiti successivamente alla decorrenza della pensione, indipendentemente dal momento in cui avviene il pagamento. Si applica il principio di competenza. Se Bianchi decide, per esempio, di mettersi in pensione dal 1° febbraio del 2008 e in marzo incassa compensi per consulenze effettuate nel 2007, su questo reddito non avrà alcuna trattenuta perché all'epoca non era ancora pensionato.