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Banche: la svolta ‘statalista' della Bce,in emergenza stato proprietario
di Antonio Pollio Salimbeni (corrispondente da Bruxelles di Radiocor)* |
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BRUXELLES -Non riguarda solo la prospettiva di una riduzione dei tassi di interesse la novità della Banca centrale europea. C'è dell'altro. Siamo arrivati a una svolta ‘statalista'. Per necessità, in nome dell'emergenza, ma di questo si tratta. Il primo segnale l'ha dato Jean-Claude Trichet nella conferenza stampa di giovedì 2 ottobre dicendo: è appropriato che i governi assumano "responsabilità" sulle banche così come deve fare il settore privato. Poi lo ha successivamente spiegato con precisione Lorenzo Bini Smaghi, membro del ‘board': se per evitare il fallimento di una banca lo stato riacquista i titoli spazzatura ciò comporta un colpo di spugna sulle responsabilità di chi l'ha diretta e dei proprietari, meglio "intervenire sul capitale". "Diventando azionista della banca lo stato può rimuovere il management e il consiglio di amministrazione, se li ritiene responsabili delle difficoltà". Dopo il salvataggio e la ristrutturazione vende la propria quota anche per guadagnarci dopo aver tanto sborsato.
Una tale svolta fornisce perfettamente il quadro e l'estensione della tempesta che si è scatenata su mezza Europa, che ormai non nessuno considera più al riparo di nulla. Peraltro, alcuni governi già hanno imboccato la strada ora chiaramente sponsorizzata dalla Bce: Belgio, Lussemburgo e Olanda con Fortis. E Gordon Brown ha nazionalizzato Northern Rock e Bradford&Bingley. Solo che adesso questa soluzione "per salvaguardare l'integrità del sistema finanziario europeo", come dice la Bce, diventa una "preferenza", dunque una strategia. Anche alla luce di questi fatti e delle considerazioni svolte da una istituzione che fonda la propria cultura e la propria missione su tutto tranne che su teorie stataliste, si spiega perché il piano Paulson non viene ritenuto da questa parte dell'Atlantico una soluzione buona per l'Europa. Peraltro a Francoforte come in tutte le capitali europee, il fallimento di Lehman Brothers viene considerato un clamoroso errore.
La prospettiva di stati azionisti temporanei (o azionisti più forti) nei gruppi bancari ha serie controindicazioni, la prima delle quali riguarda le facilissime e probabili – specie in alcuni paesi - distorsioni tra gli interessi della politica e quelli dell'economia. Peraltro, anche la formula dello stato-padrone temporaneo ad un certo punto dovrà passare al vaglio dell'Antitrust europeo che inizialmente sdogana il salvataggio ma dopo sei mesi chiede il conto. Qui, però, si parla di una classica situazione da ultima spiaggia, oltre la quale c'è il buco nero di una crisi che da uno sportello di trasmette all'altro in una catena senza fine, da un paese all'altro.
Alla nuova ‘scuola' di Francoforte ci si chiede: se scoppiassero altre crisi quale banca privata è in grado di intervenire per rilevarne in questa fase gli asset? Nessuna. Non parliamo della ‘madre' di tutte le sfide: la ricapitalizzazione. La situazione dei bilanci è pesante. Secondo le stime che circolano in questo periodo da varie fonti, il deprezzamento degli asset delle istituzioni finanziarie alla fine potrebbe essere in Europa di circa 700 miliardi di dollari di cui 440 nell'eurozona, cifra non molto distante dalle stime per gli Stati Uniti: 870 miliardi di dollari. Per l'eurozona si tratta dell'1,3% del valore del totale degli asset del settore finanziario, per gli Usa si tratta dell'1,6%. Solo venti giorni fa (sembrano dieci anni) il governatore Draghi aveva lanciato l'allarme: a fronte di 500 miliardi di dollari di perdite globali il sistema bancario aveva raccolto 350 miliardi per incrementare la base di capitale, ne occorrevano allora "almeno" altrettanti per stare tranquilli. Tutto sta nel definire come si traduce in denaro l'avverbio ‘almeno'.
Antonio Pollio Salimbeni, esperto di economia internazionale, dal 2002 è corrispondente a Bruxelles per Il Sole 24 Ore Radiocor. Già inviato e corrispondente a Washington per l'Unità, ha vinto i premi giornalistici Saint Vincent 1997 e Lingotto 1999. Ha pubblicato "Il drago, Hong Kong, la Cina e l'Occidente alla vigilia del nuovo millennio" (con L.Tamburrino, Donzelli 1997), "Il grande mercato. Realtà e miti della globalizzazione" (Bruno Mondadori1999), "Lo sviluppo insostenibile" (con P.Greco, BrunoMondadori 2003).