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4 aprile 2008


Eurozona: crescita in frenata, si spera nella resistenza delle imprese
di Antonio Pollio Salimbeni *
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Visto il prolungarsi della crisi dei mercati finanziari nessuno parla più di "decoupling" (scoppiamento), fenomeno grazie al quale l'eurozona non sarebbe destinata a seguire in fotocopia le vicissitudini dell'economia americana. D'altra parte siamo alla vigilia di nuovi tagli alle previsioni di crescita. Il Fondo monetario internazionale prevederebbe ora un incremento del pil limitato all'1,3%, quasi un punto percentuale meno della crescita potenziale. All'inizio di febbraio la Commissione europea stimava 1,8% e ora, per il 28 aprile, si attende una correzione verso zona 1,5%. Una correzione più sostanziosa riguarderà però l'inflazione: il rialzo costante da dicembre, al 3,5% a marzo, rende impossibile confermare la stima di 3,1% nel primo trimestre e del 2,6% per l'intero 2008.

L'attenzione resta per ora concentrata sui conti delle banche, sugli effetti che la lunga crisi di fiducia tra banche comporta per l'erogazione del credito, sui riflessi nel mercato borsistico.
Nonostante il quadro sia più ricco di ombre che di luci, ecco che riappare la teoria, sarebbe meglio dire la speranza, di un "decoupling" questa volta applicato alle imprese. Ha gettato il sasso nello stagno l'economista del gruppo francese Natixis (una delle vittime della crisi ‘subprime') Patrick Artus: "Complessivamente vediamo confermata la forte profittabilità delle imprese non finanziarie nella maggioranza dei paesi dovuta alla moderazione salariale di lungo periodo, al fatto che i guadagni di produttività sono finora aumentati più velocemente dei salari reali, i nuovi investimenti non sono finanziati dal debito e non ci sono indicazioni che il credito alle imprese sia razionato anche se il costo aumenta".

Tranne che nel Regno Unito non ci sono segnali di "credit crunch". In gennaio il tasso di crescita annuale dei prestiti alle imprese non finanziarie era del 14,6% contro il 14,5% di dicembre. Non siamo dunque alla rarefazione del credito, preludio di una fase recessiva.
Quanto alle Borse, "la sconnessione tra i fondamentali delle imprese e la valorizzazione dei loro attivi da parte del mercato si spiega solo con il pessimismo degli investitori i quali ritengono che il rallentamento dell'economia e il freno al credito bancario prima o poi degraderanno anche i fondamentali delle aziende". Questo, però, non è accaduto. E comunque non sarebbe la prima volta che nell'eurozona l'economia rallenta e i profitti aziendali non calano, è già successo tra il 2001 e il 2003.

Più o meno sulla stessa lunghezza d'onda la Commissione europea, che nell'ultimo bollettino economico parla della "capacità di resistenza" delle imprese non finanziarie come di un salvagente sostenuto da "un mercato del lavoro dinamico, una elevata capacità di utilizzazione degli impianti e dalla buona posizione finanziaria delle imprese" (la quota di profitti del settore nell'eurozona, indica il bollettino, è rimasta elevata al 39,4% nel terzo trimestre 2007). Non sarà sufficiente ad assicurare un ‘completo decoupling' dagli Stati Uniti, ma almeno a far sì che gli effetti della crisi finanziaria siano almeno due volte meno intensi che negli Usa, come sostiene il Fondo monetario. A parte eventuali nuove brutte novità sui conti bancari, è chiaro però che restano aperti interrogativi grandi quanto una casa: sul cambio dell'euro, sul commercio mondiale (il Fmi si appresta a ridurre la stima di crescita nel 2008 da 4,1% a 3,7%), su un tasso di inflazione per molti mesi sopra quota 3%, sulla capacità di spesa delle famiglie. Troppe variabili che consigliano prudenza.

Antonio Pollio Salimbeni, esperto di economia internazionale, dal 2002 è corrispondente a Bruxelles per Il Sole 24 Ore Radiocor. Già inviato e corrispondente a Washington per l'Unità, ha vinto i premi giornalistici Saint Vincent 1997 e Lingotto 1999. Ha pubblicato "Il drago, Hong Kong, la Cina e l'Occidente alla vigilia del nuovo millennio" (con L.Tamburrino, Donzelli 1997), "Il grande mercato. Realtà e miti della globalizzazione" (Bruno Mondadori1999), "Lo sviluppo insostenibile" (con P.Greco, BrunoMondadori 2003).

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