di Antonio Pollio Salimbeni

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6febbraio 2009


Crisi:man mano che la crisi si aggrava protezionismo sempre più di moda
di Antonio Pollio Salimbeni (corrispondente da Bruxelles di Radiocor)*
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BRUXELLES –
Il sospiro di sollievo per la decisione americana di addolcire il 'buy american' (le imprese sostenute dallo stato non saranno obbligate a comprare acciaio 'made in Us' ma potranno farlo purché rispettino le regole del commercio internazionale) è durato poco. Nel pieno della crisi ci sono altri dossier aperti tra Europa e Stati Uniti che non mancano di scatenare scintille: dalle tariffe all'importazione di acque minerali italiane e formaggio francese ai dazi sulle importazioni di biodiesel americano che la Ue potrebbe decidere tra un mese come ritorsione per i sussidi all'esportazione garantiti ai produttori Usa.
Mai come ora su scala globale il protezionismo ha vita facile e lunga. Il Wto, l'organizzazione del commercio mondiale con sede a Ginevra, ha registrato l'anno scorso un aumento del 40% dei casi antidumping, quest'anno prevede che sarà molto di più. La Cina è una caso di scuola, ma anche la Russia non scherza. Al vertice russo-europeo a Mosca si è parlato molto di gas e molto meno di rapporti commerciali anche se la Russia viene considerato il paese più attivo nella corsa a erigere barriere alle merci altrui. Piombato il prezzo del petrolio sotto i 50 dollari il barile, spiazzato dalla fuga di capitali e con la necessità di finanziare le banche in perdita, il governo russo non sembra perdere un colpo indifferente al fatto che ciò renderà più difficile l'ingresso nell'organizzazione del commercio. Ultima in ordine di tempo una nuova tariffa sui Tir provenienti da Ue, Svizzera e Turkmenistan. Negli ultimi tre mesi Mosca ha introdotto 28 nuove tariffe all'importazione e misure di sussidio (tra cui acciaio e petrolio) e ora ne sta preparando altre sei.
L'allarme è rosso. A Ginevra si preparano analisi tecniche e riunioni speciali per fare il punto sull'affollata corsa a difendersi. A parole tutti i governi sono consapevoli del fatto che erigendo più barriere commerciali più lontano si sposta il momento della ripresa degli scambi. Il Fondo monetario stima che quest'anno il volume globale dei commerci avrà una crescita negativa, -2,8%, per riprendere a +3,2% l'anno prossimo. Sta di fatto che, sulla spinta di sempre più estese proteste sociali, la corsa continua anche all'interno dell'Unione europea, cioè là dove i confini non dovrebbero più esistere. Attivissimo è Gordon Brown, chiamato dal giornale di affari comunitari 'European Voice' Gordon 'beggar the Eu neighbour' Brown. La formula inglese letteralmente significa impoverire il vicino; negli anni Trenta, guardacaso proprio il drammatico periodo cui ci si riferisce per ragionare sui caratteri della crisi attuale, indicava la politica di svalutazione della moneta e di restrizioni alle importazioni che strangolò il commercio internazionale. Il caso del lavoro britannico ai britannici (poi il premier britannico si è rimesso in carreggiata senza rinunciare però al principio) è solo uno dei tanti. Un altro caso è la proposta di una regolazione europea della liquidità bancaria che proteggerebbe Londra come centro finanziario europeo. A Davos però Brown accusa il protezionismo finanziario altrui.
Altro campione in corsa è Sarkozy, che lo ammette senza peli sulla lingua: dalle banche all'auto alla componentistica al settore aeronautico. Produrre auto in Repubblica Ceca e venderle in Francia "non è giustificato", ha detto riferendosi alle Peugeot 107 e Citroen C1 sfornate dallo stabilimento di Kolin. Altri governi non sono da meno, solo appaiono meno sfrontati. Tutti sono impegnati a sostenere con una enorme massa di denaro pubblico i propri sistemi bancari e tutti esercitano, legittimamente, il massimo della pressione affinché le banche beneficiate finanzino l'economia reale, cioè nazionale. Sempre più allarmati diversi paesi dell'Est, ultima la Romania, che temono ad un certo punto di essere lasciati soli a far fronte agli effetti di una crisi finanziaria che non hanno i mezzi per fronteggiare.
A Bruxelles la Commissione europea, che ha il mandato legale di impedire distorsioni del mercato unico, difende il terreno come può. L'anno scorso ha respinto la bizzarra idea francese di sospendere le regole sugli aiuti di stato, oggi applica le regole con grande flessibilità sapendo che il peggio arriverà quando ai primi segnali di ripresa economica e di stabilizzazione finanziaria dovranno essere rivisti i piani bancari e definite le ristrutturazioni. A quel punto sì che farà la differenza avere una Commissione politicamente forte oppure no. .

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