di Antonio Pollio Salimbeni

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Crisi: si stringe il cerchio sui paradisi fiscali
di Antonio Pollio Salimbeni (corrispondente da Bruxelles di Radiocor)*
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BRUXELLES – Tornano di scena i paradisi fiscali, l'Europa del segreto bancario, della riserva indiana nella quale si riparano migliaia di societa' e persone, compresi speculatori piu' o meno geniali', di tanto in tanto pizzicati da valenti magistrati intemerati e sempre piu' spesso travolti dagli effetti incontrollabili della crisi finanziaria (ultime le frodi fiscali scoperte in Germania via Liechtestein con ramificazioni in 40 paesi, poi lo scandalo Madoff che ha coinvolto direttamente il Lussemburgo). Questa volta la sensazione e' che molto presto qualcosa dovra' cambiare. Manca meno di un mese alla riunione del G20 a Londra sulle regole della finanza globale e come spesso accade man mano che ci si avvicina all'ora X la tensione sale. In novembre il G20 aveva assunto un impegno: metteremo in opera misure per proteggere il sistema finanziario mondiale dalle attivita' dei paradisi fiscali. Ora qualcosa dovra' essere deciso e che il momento forse e' buono lo dimostra l'estremo allarme di alcuni paesi chiave: Lussemburgo e Austria nell'Unione europea, Svizzera e Liechtestein fuori. Non a caso i ministri delle finanze svizzere Hans-Rudolf Merz, austriache Josef Proell e lussemburghesi Luc Frieden hanno deciso di incontrarsi (domenica 8 marzo) per "armonizzare gli interessi comuni delle piazze finanziarie nel contesto internazionale". Frase in codice che significa una cosa sola: evitare l'accerchiamento, far di tutto per evitare che la Svizzera finisca in una nuova lista nera dei paradisi fiscali.

Non sono solo Francia, Germania e Italia (stando a recenti dichiarazioni del ministro Giulio Tremonti) a voler forzare la mano agli organismi internazionali e ai prossimi vertici globali, ma anche il Regno Unito che, nel pieno della crisi finanziaria, si è trovato costretto a rimettere in causa le pratiche correnti nella propria giurisdizione a partire dall'Isola di Man. E ha chiesto agli Usa: mettiamo al bando i paradisi fiscali.

Nessuna istituzione finanziaria, nessun territorio puo' piu' sfuggire alla regolazione e alla vigilanza. La lista nera dei paesi "non cooperativi" in materia fiscale e giudiziaria è stata via via asciugata e ora ne fanno parte solo Andorra, Liechtestein e Monaco. Su pressione americana, francese e tedesca in particolare, la lista nera dovra' essere rivista. Nel mondo ci sono circa cinquanta paradisi fiscali utilizzati a man bassa da oltre 400 banche da due terzi dei duemila hedge funds (fondi speculativi) e da un paio di milioni di società-schermo che gestiscono, secondo Transparency International, diecimila miliardi di dollari di attivi finanziari. Sotto tiro vari paesi, dalle Bahamas alle Isole Caimane alle Isole Vergini Britanniche. In Europa innanzitutto la Svizzera, che Parigi e Berlino vorrebbero inserire nella lista nera, ma anche paesi che fanno parte della Ue, Lussemburgo e Austria. Da quando la Commissione europea ha annunciato (un mese fa) di voler abolire il segreto bancario per i non residenti in Belgio, Lussemburgo e Austria e' successo il finimondo. Il Lussemburgo (premier è Jean Claude Juncker che guida l'Eurogruppo e quindi si trova in una posizione difficile) si e' dichiarato pronto a discutere ma ha promesso di dare battaglia. L'Austria rifiuta l'attacco al segreto bancario accampando motivi di concorrenza con Svizzera e Liechtestein. Il Belgio è rimasto defilato avendo bisogno di tutti (specialmente dei francesi) per uscire dalla spaventosa crisi che attanaglia il sistema bancario (Fortis e Kbc).

E' sempre piu' chiaro, pero', che mettere ordine nella Ue e' una condizione indispensabile per poter negoziare con paradisi fiscali terzi. Ed e' necessario di fronte alla pressione internazionale per maggiore trasparenza. Lentamente si vede qualche primo germe di reazione. Il nuovo premier del Liechtestein Klaus Tschuetscher ha recentemente ammesso che conviene "allontanare l'immagine di paradiso fiscale non cooperativo". Il ministro svizzero Merz, attivissimo nel definire alleanze anti-lista nera e presidente della Confederazione elvetica nel 2009, difende il segreto bancario, ma annuncia: "Potremmo fare delle concessioni in qualche caso" per evitare sanzioni e di perdere reputazione dopo il soprassalto giudiziario che ha coinvolto Ubs. La Banca e' perseguita dal fisco americano che reclama ora informazioni su 52mila titolari di conti segreti in Svizzera appartenenti a cittadini Usa.

In Svizzera c'e' molta preoccupazione perche' l'anno scorso i depositi bancari sono diminuiti del 27% a 2.580 miliardi di euro, il livello piu' basso dall'agosto 2005. Non tutto per colpa dei subprime. Adesso qualche analista scommette che il segreto bancario nella sua forma attuale sparira' in due-tre anni. Non a caso Ubs e' gia' corsa ai ripari riorganizzandosi in divisioni autonome separando la gestione della banca svizzera dalla gestione dei patrimoni e mantenendo separata la gestione dei patrimoni delle Americhe. Ma, dicono gli esperti, non perdera' l'occasione di lavorare di piu' attraverso altri centri finanziari come Singapore, Emirati e Dubai.

(*) Antonio Pollio Salimbeni, esperto di economia internazionale, dal 2002 è corrispondente a Bruxelles per Il Sole 24 Ore Radiocor. Già inviato e corrispondente a Washington per l'Unità, ha vinto i premi giornalistici Saint Vincent 1997 e Lingotto 1999. Ha pubblicato "Il drago, Hong Kong, la Cina e l'Occidente alla vigilia del nuovo millennio" (con L.Tamburrino, Donzelli 1997), "Il grande mercato. Realtà e miti della globalizzazione" (Bruno Mondadori1999), "Lo sviluppo insostenibile" (con P.Greco, BrunoMondadori 2003).

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