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Crisi: attenzione a due date, 7 maggio per la Bce, 18/19 giugno per la Ue
di Antonio Pollio Salimbeni (corrispondente da Bruxelles di Radiocor)*
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BRUXELLES - Se e' stato fatto poco o tanto per fronteggiare la recessione e la crisi finanziaria in Europa (3,3-3,5% del pil, piu' tremila miliardi per aiutare le banche) e' presto per saperlo.
Importante e' che al momento opportuno, nella peggiore delle ipotesi, non sia troppo tardi per rimediare. La sfida e' tuttora aperta e alla fine anche gli Stati Uniti di Barack Obama hanno posato (non certo sotterrato) l'ascia della polemica contro un'Europa che si ritiene insensibile ed egoista perche' non si farebbe carico del sostegno della domanda globale.
Negli ultimi giorni, pero', c'e' una maggiore consapevolezza nelle capitali europee e a Bruxelles in particolare che la scommessa ha a che vedere con la durata della recessione: se a fine anno non si vedra' la luce in fondo al tunnel, cioe' di una ripresina a inizio 2010, saranno guai. Non saranno neppure sufficienti le misure prese in quasi tutti gli stati per frenare la perdita di posti di lavoro poiche' lo scambio quote di salario (da ridurre) contro mantenimento del legame al posto di lavoro puo' durare solo per un periodo limitato. E' un fatto che nei documenti riservati dell'Ecofin viene fatto esplicito riferimento alla necessita' di estendere la copertura delle misure di sostegno alla disoccupazione se non dovesse esserci una "vera" ripresa nel 2010. Per evitare sconquassi sociali devono essere prese decisioni almeno tre-sei mesi prima cioe' fra poco.

La questione ancora irrisolta in Europa riguarda la ripresa del credito, che rimanda immediatamente alla questione degli asset tossici e deteriorati delle banche la cui effettiva entita' resta tuttora avvolta nel mistero.
Perche' dalle banche si deve ripartire visto che da li' affluiscono prevalentemente i capitali per il finanziamento dell'economia.
Il primo appuntamento per capire se ci sara' o meno una svolta e' per il 7 maggio a Francoforte. Il presidente Trichet ha confermato che saranno annunciate decisioni "non convenzionali" di politica monetaria. Di che cosa si tratti non e' chiaro e nulla si sapra' fino a quel giorno. La discussione se sia sufficiente un allungamento della durata dei prestiti alle banche o che ci debba essere una scelta di rottura con la linea seguita fin qui, per esempio l'acquisto di obbligazioni delle societa', e' ancora in alto mare. Che anche di questo si stia parlando a Francoforte e' stato ammesso dal numero due della Bce Lucas Papademos il quale ha dichiarato papale papale: "Puo' essere giustificato che la banca centrale acquisti obbligazioni del settore privato per migliorare la liquidita', questa e' una possibilita'". Jean-Claude Trichet, finora, si e' sempre rifiutato di rispondere.

Altra storia l'acquisizione di titoli pubblici: se la Bce varcasse questa frontiera (varcata pero' da altri consorelle) eserciterebbe direttamente funzioni di politica di bilancio, ruolo escluso dal Trattato.
Il secondo appuntamento per capire se la scommessa europea funzionera' e' fissato per il 18/19 giugno quando e' convocato il vertice estivo dei capi di stato e di governo: in quel momento ci sara' la resa dei conti sulla supervisione dei mercati bancari e finanziari. Si capira' se la spuntera' Londra o la spuntera' l'interesse europeo.
L'ultimo vertice Ecofin si e' arenato sulla riforma della supervisione, nel momento in cui si trattava di scegliere se affidare o meno alla Bce il ruolo guida del comitato europeo per la vigilanza macro-prudenziale e di affidare al comitato per la supervisione finanziaria (di cui farebbero parte gli organismi Ue di controllo di Borse, banche e assicurazioni) poteri di decisione vincolante per le autorita' nazionali.

Il Regno Unito non vuole cedere lo scettro di una Authority Ue a un organismo, la Bce, di cui non riconosce autorita' per le decisioni sul proprio territorio nazionale dato che non aderisce all'unione monetaria e anzi gode del diritto di starne fuori fino a quando vorra'. Inoltre, non vuole perdere terreno nella vigilanza nazionale dato che ospita importanti filiali di grandi banche paneuropee. Cosa inevitabile se l'ago del potere di supervisione fosse spostato eccessivamente sulle autorita' che vigilano sulle capogruppo, cioe' fuori Londra. Il problema e' che nella supervisione dei gruppi transfrontalieri questa e' nient'altro che una basilare necessita'. La partita e' in corso e si corre il rischio di un compromesso al ribasso.
Con possibili effetti negativi sulla fiducia dei mercati.

(*) Antonio Pollio Salimbeni, esperto di economia internazionale, dal 2002 è corrispondente a Bruxelles per Il Sole 24 Ore Radiocor. Già inviato e corrispondente a Washington per l'Unità, ha vinto i premi giornalistici Saint Vincent 1997 e Lingotto 1999. Ha pubblicato "Il drago, Hong Kong, la Cina e l'Occidente alla vigilia del nuovo millennio" (con L.Tamburrino, Donzelli 1997), "Il grande mercato. Realtà e miti della globalizzazione" (Bruno Mondadori1999), "Lo sviluppo insostenibile" (con P.Greco, BrunoMondadori 2003).

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