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11 APRILE 2008


Eurozona gelata da stime Fmi scommette sulla sua "diversità"
di Antonio Pollio Salimbeni
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Se gli europei credevano di avere nel direttore del Fondo monetario Strauss-Kahn un amico o quantomeno una utile ‘spalla' per affermare posizioni e tesi condivise, quanto è accaduto in questi giorni a Washington è stata per loro una doccia fredda. Le stime Fmi di primavera offrono un quadro molto più nero di quanto i governi dell'eurozona sono disposti a credere o ad ammettere. Indicano che la crescita scenderà molto al di sotto del potenziale (1,4% quest'anno, ancora peggio nel 2009 all'1,2% rispetto a un potenziale di 2-2,25%) sotto l'effetto delle ripercussioni commerciali della crisi americana, delle tensioni finanziarie e del giro di boa del settore immobiliare.

Inutile, dicono a Washington, baloccarsi con il ‘decoupling' (lo sganciamento tra quanto avviene al di qua e aldilà dell'Atlantico) dato che "i legami economici tra Europa occidentale e Stati Uniti restano significativi". Più che i commerci, in ogni caso, pesano i legami tra i settori finanziari, veicolo più importante della trasmissione del ciclo negativo.
Altro fattore che rema contro la crescita la dipendenza delle imprese dal credito bancario, le cui condizioni sono via via più strette in conseguenza della crisi subprime. Un rallentamento dei prestiti, paventa il Fmi, può accelerare la correzione dei prezzi immobiliari in Belgio, Olanda, Irlanda, Spagna, Regno Unito e in minor misura Francia. Di qui contaminare spese familiari e attività economica.

Infine il supereuro. Se i rischi per la crescita sono "equilibrati" (cioè può peggiorare come migliorare) e anzi per la domanda interna sono al rialzo (cioè può
rafforzarsi) i veri guai secondo il Fondo monetario possono arrivare dall'esposizione delle banche (Regno Unito, Francia, Germania e Svizzera) e anche dalle imprese "la cui profittabilità è meno forte che negli Usa".

Non che al di qua dell'Atlantico si ritenga che l'eurozona vive nel migliore dei mondi possibili, ma non si trovano certo analisi così ruvide. Prevale sostanzialmente la coppia analitica: fondamentali buoni-condizioni esterne pessime. Conclusione, staremo a galla. Quando è emerso che la stima Fmi di crescita per quest'anno si fermava a 1,3% (in realtà è 1,4%) c'è stata la gara tra ministri e banchieri centrali a chi si arrabbiava di più. Mai le valutazioni sono apparse così distanti. Negli ultimi tempi i governi hanno fatto perfino quadrato attorno alla Bce, fino a ieri tanto bistrattata e non solo dai francesi, mentre il Fondo invita seccamente a tirar già i tassi di interesse in nome del bene comune.

L'eurozona non solo scommette sulla forza delle economie asiatiche e latino-americane, ma sulle profonde diversità tra le due aree. Qui non c'è una condizione di ‘credit crunch' (rarefazione del credito che prelude a una fase di recessione) visto che i prestiti alle imprese hanno raggiunto negli ultimi mesi livelli di crescita record. Tanto che il presidente di Business-Europe Ernest-Antoine Seillière può dire: "La congiuntura è difficile, ma la crisi finanziaria è probabilmente meno grave di quanto si dice". E se sui rischi bancari le analisi convergono, i ministri eurozona scommettono sulla bontà del modello continentale di banca universale (opposto alla separazione tra banca commerciale e banca di investimento negli Usa) che permette, parola del banchiere centrale francese Noyer, di "mitigare" le conseguenze di una crisi in un segmento di attività.
Il prossimo ‘round' è fissato il 28 aprile, quando la Commissione europea pubblicherà le sue previsioni economiche di primavera.

Antonio Pollio Salimbeni, esperto di economia internazionale, dal 2002 è corrispondente a Bruxelles per Il Sole 24 Ore Radiocor. Già inviato e corrispondente a Washington per l'Unità, ha vinto i premi giornalistici Saint Vincent 1997 e Lingotto 1999. Ha pubblicato "Il drago, Hong Kong, la Cina e l'Occidente alla vigilia del nuovo millennio" (con L.Tamburrino, Donzelli 1997), "Il grande mercato. Realtà e miti della globalizzazione" (Bruno Mondadori1999), "Lo sviluppo insostenibile" (con P.Greco, BrunoMondadori 2003).

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