di Antonio Pollio Salimbeni

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12 FEBBRAIO 2009


La Bce gioca la carta della supervisione, Londra si oppone
di Antonio Pollio Salimbeni (corrispondente da Bruxelles di Radiocor)*
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BRUXELLES –In Europa ci sono 45 gruppi con attività transfrontaliere che rappresentano il 70% degli asset bancari dell'Unione; 33 sono nell'eurozona. Bastano queste cifre a indicare che non si potrebbe – né dovrebbe - continuare un solo giorno di più con un sistema di supervisione che poggia su autorità nazionali, tanto frammentato da rendere difficilissima per non dire quasi impossibile la gestione di una crisi di carattere sistemico. I collegi dei supervisori, di cui fanno parte le autorità di vigilanza dei principali gruppi cross-border, sono stati creati da poco tempo, ma gli emendamenti alla direttiva europea sui requisiti di capitale non eliminano i disincentivi allo scambio di informazioni tra le varie autorità e rendono abbastanza difficili decisioni comuni in modo particolare in caso di crisi.
E' vero che ultimamente in Europa non ci sono state crisi aggiuntive dovute all'assenza di un sistema di vigilanza paneuropeo. Fortis e Dexia sono state salvate in poche ore coinvolgendo non solo più autorità di supervisione, ma anche più governi. Negli Stati Uniti una supervisione concentrata non ha impedito di far crollare con Lehman Brothers anche mezza finanza mondiale. Che però siano necessarie modifiche radicali è fuori discussione e a questo punto se ne sono convinti anche i governi. La vera e forse ultima partita si giocherà fra marzo e aprile: entro l'inizio dell'estate dovrà essere trovato un accordo tra i governi europei su che cosa, come e chi dovrà esercitare le funzioni di vigilanza a livello macro-prudenziale, se ci sarà un mandato sovranazionale oppure no. E' questa la tabella di marcia sulla quale si sta lavorando a Bruxelles e nelle altre capitali.
Si spiega così l'accelerazione della Bce, che si è chiaramente candidata a diventare il perno della vigilanza bancaria a livello macro-prudenziale e pure a livello micro se i governi fossero d'accordo. Lorenzo Bini Smaghi, membro del board Bce, ha indicato in modo dettagliato all'Europarlamento di che cosa si tratta: alla Bce dovrebbe essere affidati il sistema di ‘early warning' sull'emergenza di crisi e sulle vulnerabilità rischiose per l'intero sistema finanziario, i test per verificare la tenuta del sistema in caso di choc cross-border, la definizione di procedure unificate per l'informazione sui gruppi, la regolazione su concentrazione del rischio, liquidità, ‘leverage', pro-ciclicità. Il vantaggio della Bce è evidente: è indipendente dai governi, assicura da dieci anni un coordinamento "forte" tra banche centrali nazionali e ‘centro', ha una struttura decentrata. Inoltre, per affidarle funzioni di vigilanza non occorre cambiare il Trattato Ue, basta che i 27 decidano all'unanimità e l'Europarlamento sia d'accordo.
La Bce è convinta che nell'eurozona ci sia un'intesa a procedere su questa strada, ma è già chiaro che si stanno facendo i conti senza l'oste. Il ghiaccio per raffreddare l'entusiasmo è stato subito servito da Londra: il portavoce del Tesoro britannico ha detto chiaro e tondo che "il Regno Unito non sostiene un ruolo della Bce nella supervisione prudenziale delle banche, che deve fondarsi su accordi nazionali per la gestione delle crisi" e con i ministri finanziari. Il motivo è semplice: Londra è decisa a difendere a tutti i costi la centralità britannica nella regolazione finanziaria. Anche se questa centralità è stata travolta dalla crisi indubbiamente esacerbata dal cattivo funzionamento del sistema tripartito di regolazione nazionale fondato su Banca d'Inghilterra, Tesoro e Autorità dei mercati finanziari. Di qui la pressione per una riforma della supervisione limitata ai "collegi" dei gruppi bancari transfrontalieri cercando di mantenere un enorme potere di influenza sulle filiali delle banche non britanniche operanti nel Regno Unito. Un livello di supervisione che, secondo il governo britannico, deve rientrare nel ben più ampio calderone del Fondo monetario internazionale cui sarebbe attribuita la funzione di "sistema di allarme preventivo". Importante è stare alla larga dalle velleità ‘espansioniste' della Bce.

*) Antonio Pollio Salimbeni, esperto di economia internazionale, dal 2002 è corrispondente a Bruxelles per Il Sole 24 Ore Radiocor. Già inviato e corrispondente a Washington per l'Unità, ha vinto i premi giornalistici Saint Vincent 1997 e Lingotto 1999. Ha pubblicato "Il drago, Hong Kong, la Cina e l'Occidente alla vigilia del nuovo millennio" (con L.Tamburrino, Donzelli 1997), "Il grande mercato. Realtà e miti della globalizzazione" (Bruno Mondadori1999), "Lo sviluppo insostenibile" (con P.Greco, BrunoMondadori 2003).

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