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13 GIUGNO 2008


Bruxelles pessimista sull'Opec, per ora è un dialogo tra sordi
di Antonio Pollio Salimbeni (corrispondente da Bruxelles di Radiocor)*
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Tutta l'attenzione è concentrata sulle mosse dell'Opec e sulla riunione dei paesi produttori e consumatori di petrolio prevista il 22 giugno a Djeddah, seconda città saudita ai bordi del Mar Rosso un tempo porto per i pellegrini che andavano alla Mecca e ora metropoli cosmopolita di 3 milioni e mezzo di abitanti. E' massima l'attenzione dei governi e dei mercati, ma il rischio è che l'attesa sia nettamente superiore ai risultati. D'altra parte il segretario Opec El Badri continua incessantemente a ripetere che non c'è un problema di offerta.

In Europa la convinzione è opposta. Su una cosa i ministri delle finanze concordano: non ha alcuna importanza che l'offerta di greggio disponibile sia insufficiente perché l'Opec decide di ridurre la produzione (come avvenne nel 1973 e nel 1981) o di non aumentarla sostanzialmente oppure perché l'offerta si dirige in misura crescente in altre aree del mondo (Cina e paesi emergenti), come hanno ricordato recentemente gli economisti del Ceps di Bruxelles Cecilia Frale e Daniel Gros. Il risultato, infatti, non cambia. Il fatto è che in Europa si pensa una cosa semplicissima: siamo al dialogo tra sordi, l'Opec va riportata alla ragione.

In una nota di analisi riservata della Commissione europea si afferma esplicitamente che "la ripetizione da parte dell'Opec che il mercato è adeguatamente rifornito è motivo di preoccupazione dato lo scarto crescente tra la domanda globale e le limitate opportunità di aumento dell'offerta da parte dei paesi non Opec". E ora non è chiaro, questa la conclusione, "se il recente incremento della produzione saudita (300mila barili al giorno) potrà dare speranze di un cambiamento delle politiche del cartello petrolifero".

Se i governi concordano sull'analisi, non concordano sulle misure da prendere per fronteggiare a breve l'impatto del caro-petrolio sulle proprie economie e sulle tasche dei cittadini. Tra tetti all'Iva (idea francese), stretta fiscale contro i petrolieri (intervento sulle accise e Robin Tax in Italia) e assegni alle famiglie a basso reddito (Belgio e Spagna) prevale la ‘dottrina Sinatra' (dal titolo della famosa canzone ‘My way', a modo mio). Beninteso, nel mercato unico il fisco è dal punto di vista europeo tabù nel senso che la Ue non ha alcuna competenza. "My way' è di fatto istituzionalizzata. Ciononostante l'allarme a Bruxelles è massimo perché molti governi stanno decidendo quelle che la Commissione Ue chiama "soluzioni facili o rapide".

Tre i motivi per cui gli stati vengono invitati alla massima cautela nel decidere "bruschi cambiamenti" nel regime fiscale dei prodotti petroliferi (a parte doverose misure a breve termine): per Bruxelles gli attuali livelli di tassazione hanno attenuato il trasferimento degli aumenti dei prezzi del greggio ai prezzi dei prodotti; cambiamenti nelle aliquote danno miglioramenti una tantum, "ma porteranno in futuro a un impatto più pronunciato di ulteriori aumenti del greggio sui prezzi finali; una riduzione della tassazione invierebbe un segnale "sbagliato" ai produttori e ai mercati, indicherebbe che i consumatori saranno sempre in grado di assorbire futuri aumenti riducendo le imposte.

Non c'è solo il supereuro a mitigare gli effetti del caro-petrolio (dal 2003 i prezzi in dollari del greggio sono triplicati ma in termini di euro si sono moltiplicati per 2,2). I consumatori europei, secondo la Commissione, sono "relativamente riparati proprio grazie alla struttura della tassazione e delle accise che riducono la trasmissione dello choc".

Secondo una simulazione della Commissione Ue un incremento di 40 dollari al barile entro il 2020 rispetto ai prezzi 2005 (+64%) ridurrebbe la domanda di petrolio solo del 7,6%. La ragione è "l'alto livello delle accise (imposta che grava sulla quantità dei beni prodotti – ndr) rafforzata dall'Iva (che incide sul valore – ndr) per cui i prezzi al consumo della benzina e del diesel aumenterebbero soltanto del 26% e del 29% rispettivamente".

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