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9 GENNAIO 2009


La recessione sarà lunga ma i Governi dell'Eurozona non lo dicono
di Antonio Pollio Salimbeni (corrispondente da Bruxelles di Radiocor)*
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BRUXELLES –Fondo monetario, Ocse, Banca centrale europea, tutti dicono la stessa cosa: la recessione nell'eurozona (e in Europa) durerà parecchio, sarà lunga e sarà altrettanto lungo il periodo per tornare a ritmi di crescita accettabili (almeno al potenziale). Minimo, due anni-due anni e mezzo in tutto. Tracciando la media, stando alle previsioni economiche sempre in rapida correzione ogni tre-quattro settimane, si può proporre questa sintesi: la crescita negativa di protrarrà almeno per tutto il primo semestre di quest'anno. Essendo la recessione cominciata nel secondo trimestre 2008, in tutto fanno cinque trimestri di recessione.
Questo quadro è corroborato dalle informazioni degli ultimi giorni. E' emerso chiaramente che la crisi sta colpendo in modo drammatico l'industria manifatturiera che, alla faccia dei cultori (ormai in pensione) del post-industriale, mantiene un peso di tutto rilievo nell'economia europea rappresentando il 17% del valore aggiunto in Germania, il 20% in Italia, il 18% in Spagna, il 17% in Francia. La caduta del pil tedesco (il governo prevede ormai -3% quest'anno ma le grandi banche indicano -4%) avrà un impatto meccanico anche sull'eurozona e in particolare su Francia, Belgio, Italia, Olanda, Austria. Tutti nei guai per la perfetta sincronia recessiva: cade la domanda interna in ogni paese, cade la domanda esterna. Dato che dappertutto le banche stanno rafforzando la base di capitale proprio e razionano i prestiti, il solo vero appiglio per l'attività è l'interventismo pubblico. Di qui l'accavallarsi di misure di rilancio e delle garanzie di credito. Interventi sacrosanti (vedi il secondo piano tedesco), ma certo ha senso questa battuta del commissario spagnolo Almunia: «Se ogni settimana cambiamo schemi di intervento e previsioni la fiducia non tornerà mai».
Nella migliore delle ipotesi da luglio potrebbe esserci una smossa presupponendo che i vari ‘pacchetti' fiscali e di aiuti all'economia varati dai governi comincino a dare i loro frutti. Però l'Ocse ha già messo le mani avanti: la crescita nell'eurozona resterà al di sotto del trend di lungo periodo fino a metà 2010.
Ad ascoltare analisi e messaggi delle autorità monetarie o delle organizzazioni internazionali, l'allarme è massimo. Meno esplicitamente parlano i governi. Certamente ce ne sono alcuni che spiegano come siamo di fronte a una svolta epocale, invocano una mutazione del capitalismo (il tasto sul quale batte Sarkozy in Francia), uno stop alla vita al di sopra delle proprie possibilità (Germania). Nessuno ha però detto chiaramente che la strada per uscire dal tunnel sarà così lunga. In Italia, là dove la discussione sulle ‘perversioni' finanziarie è piuttosto accesa (ne parla spesso il ministro Tremonti), è un argomento quasi tabù.
Qualche lume arriverà lunedì quando la Commissione europea pubblicherà le nuove stime economiche, comprensive di cifre sulla crescita e sui deficit pubblici (complessivamente l'Ocse non prevede uno sforamento del 3% nell'eurozona presa nel suo insieme). La cosa altamente probabile è che anche la fase successiva alla fine del periodo di crescita negativa non sarà breve. Non è comunque una novità. In un utilissimo studio pubblicato dal Centre for Economic Policy Research di Londra (What happens during recessions, cruinches and busts?) gli economisti Stijn Claessens, Ayhan Kose e Marco Terrones ricostruiscono 122 recessioni occorse nei 21 paesi Ocse tra il 1960 e il 2007 arrivando a una conclusione da tenere a mente: le recessioni associate a crisi immobiliari e ‘credit crunch' (rarefazione del credito) sono risultate più lunghe e profonde delle altre, un punto percentuale in più di perdita di produzione e almeno un trimestre più lunghe.
Non solo, il tasso di disoccupazione aumenta di più. Tanto per dare un riferimento, nei 122 casi analizzati la recessione "tipica" è durata quasi un anno e ha provocato una caduta di produzione di circa il 2%. Inoltre, la lezione delle recessioni precedenti indica che rarefazione del credito, caduta dei prezzi immobiliari e delle azioni durano più a lungo della recessione. Allacciamoci le cinture. Anzi, aggiungiamo un foro per stringerle di più.

(*) Antonio Pollio Salimbeni, esperto di economia internazionale, dal 2002 è corrispondente a Bruxelles per Il Sole 24 Ore Radiocor. Già inviato e corrispondente a Washington per l'Unità, ha vinto i premi giornalistici Saint Vincent 1997 e Lingotto 1999. Ha pubblicato "Il drago, Hong Kong, la Cina e l'Occidente alla vigilia del nuovo millennio" (con L.Tamburrino, Donzelli 1997), "Il grande mercato. Realtà e miti della globalizzazione" (Bruno Mondadori1999), "Lo sviluppo insostenibile" (con P.Greco, BrunoMondadori 2003).

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