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19 dicEMBRE 2008


Eurozona: più si allarga più dobbiamo tenercela stretta
di Antonio Pollio Salimbeni (corrispondente da Bruxelles di Radiocor)*
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BRUXELLES – Dal primo gennaio 2009 l'eurozona viaggia a sedici, arriva la Slovacchia, quarto paese del gruppone entrato nell'Unione europea nel 2004 ad adottare l'euro dopo Slovenia, Malta e Cipro. Un'aggiunta di 5,4 milioni di persone a un'area che ne conta 320 milioni non è molto rilevante dal punto di vista economico, rilevante è invece il fatto che l'evoluzione dell'unione monetaria non si interrompe. Semmai la recessione rafforza la convinzione che la moneta unica porta più vantaggi che svantaggi. Basti pensare che cosa potrebbe accadere in piena crisi finanziaria, con il costo per assicurare il debito emesso da Italia, Spagna o Grecia più che triplicato negli ultimi sei mesi in termini di fiducia-paese, in termini di instabilità generale all'ennesima notizia negativa sul bilancio di una grande banca.

In questi giorni i governi danese e svedese sono in tutt'altre faccende affaccendati nel tentativo di arginare – come tutti gli alti paesi - la crisi del credito e (il secondo) quella del settore auto, ma a medio termine il percorso è già tracciato. A Copenhagen il governo liberal-conservatore di Anders Fogh Rasmussen è sempre deciso a tenere un referendum sull'euro entro l'attuale legislatura (scade nel novembre 2011). Se la Danimarca schiuderà la porta alla moneta unica, la schiuderà pure la Svezia. Quanto al Regno Unito, la vera ‘spina' nel fianco dell'eurozona almeno tanto quanto l'eurozona è una ‘spina' nel fianco britannico, recentemente il governo laburista si è affrettato a gelare l'aspettativa di una decisione pro-euro inopinatamente indicata dal solitamente prudente Josè Barroso (presidente della Commissione europea), ma con una sterlina alla parità con l'euro c'è chi ritiene che almeno una riflessione sulle "nuove convenienze" nel dopo-crisi andrebbe fatta.
L'ingresso della Slovacchia, mezza contenta e mezza preoccupata per il timore di un aumento dei prezzi anche se di questi tempi chi specula sul listino sarà vittima di se stesso perché la crisi sta falciando abbondantemente i consumi, coincide con il decennale dell'euro. E purtroppo il decennale dell'euro coincide con il periodo più drammatico della sua breve storia. Non c'è nulla da celebrare nel pieno della recessione anche se da celebrare ci sarebbe parecchio. Tanto per dirne una, la nascita dell'unione monetaria ha coinciso con una massiccia creazione di posti di lavoro, dal 1999 al 2008 16 milioni, con un calo della disoccupazione dal 9 al 7%.
Per la verità non è che nel decennio la crescita dell'economia sia stata mozzafiato, tutt'altro. Tra il 1989 e il 1998 la crescita media del pil è stata del 2,2%, tra il 1999 e il 2008 del 2,1% (dati 2008 riferiti a stime precedenti la crisi finanziaria). E così l'andamento della produttività che anzi è calata dimezzandosi: produzione per dipendente da 1,6% nel periodo 1989-1998 allo 0,8% nel periodo 1999-2008. Ma vogliamo parlare dell'inflazione (2,2% rispetto al periodo precedente al 3,3%) o del deficit pubblico (1,7% del pil contro 4,5%)?

Se non ci saranno celebrazioni è perché la crisi morde tutti e questo è il "comune sentire" di oggi, tutti hanno l'acqua alla gola. Ciò che manca è il "comune agire" al di là dei proclami a Bruxelles, della gara al ribasso o al rialzo dei vari pacchetti di stimolo fiscale (anche la Germania alla fine si sta piegando all'evidenza). E' questo il vero punto di debolezza dell'eurozona, che non ha voluto e non vuole tuttora porsi il problema della dimensione politica del governo dell'economia. Nicolas Sarkozy lo ha intuito ma per ora non ha smosso granché e poi neppure la Francia è disposta a rinunciare a quote di sovranità nella politica economica e di bilancio. Il governo dell'economia non è una cosa che può essere sostituita con l'iperattivismo nella convocazione di un vertice di ministri o capi di stato dietro l'altro. Il primo governo che affronterà nel proprio parlamento una discussione su questo avrà la palma del ‘campione europeo' 2009. E' questo il solo modo per tenerci stretta l'eurozona allargata. Purtroppo tutti pensano solo ai propri ‘campioni' nazionali, industriali o bancari che siano.

(*) Antonio Pollio Salimbeni, esperto di economia internazionale, dal 2002 è corrispondente a Bruxelles per Il Sole 24 Ore Radiocor. Già inviato e corrispondente a Washington per l'Unità, ha vinto i premi giornalistici Saint Vincent 1997 e Lingotto 1999. Ha pubblicato "Il drago, Hong Kong, la Cina e l'Occidente alla vigilia del nuovo millennio" (con L.Tamburrino, Donzelli 1997), "Il grande mercato. Realtà e miti della globalizzazione" (Bruno Mondadori1999), "Lo sviluppo insostenibile" (con P.Greco, BrunoMondadori 2003).

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