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20 GIUGNO 2008


Ora si temono gli effetti negativi sull'Unione monetaria
di Antonio Pollio Salimbeni (corrispondente da Bruxelles di Radiocor)*
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Quanto definito dai governi europei (rinvio a ottobre di una decisione sul modo in cui superare la crisi politico-istituzionale) non frenerà quella che un diplomatico nel corso di una riunione riservata ha chiamato "l'onda lunga di Dublino". Anzi, facilmente la alimenterà. Una cosa è altamente probabile: nei prossimi mesi ci sarà se non una battuta d'arresto della politica europea, almeno una bella frenata. Più o meno bene mascherata dalla presidenza francese della Ue con l'iperattivo Sarkozy, ma di questo si tratta.
La frenata riguarderà anche l'Eurogruppo che dell'Europa "integrazionista" è - o dovrebbe essere - il fronte più avanzato. La fase di debolezza economica con il rischio di un peggioramento delle finanze pubbliche e l'approfondirsi delle differenze non solo cicliche tra i diversi paesi (Germania e Francia che crescono meglio degli altri, Italia alla stagnazione, Spagna e Irlanda allo 'sboom' dopo l'euforia immobiliare) non offrono, d'altra parte, molti margini di manovra.
Un primo grande segnale, che riguarda l'eurozona come l'intera Ue, è già arrivato sulla questione fiscale, materia scottante sfruttata a mani basse dagli irlandesi del 'no' con il falso slogan dell'inevitabile rialzo delle imposte sulle imprese (al 12,5%). La Francia ha appena annunciato che non farà pressioni per concordare una base comune consolidata per il calcolo dell'imposizione sulle società sulla quale Londra e Dublino da sempre fanno fuoco e fiamme.
La seconda conferma del prevalere della linea 'calma e gesso' riguarda le proposte della Commissione europea per estendere la supervisione delle politiche economiche: non solo bilanci, ma anche altre misure macro, ritmo delle liberalizzazioni, squilibri di competitività, differenze strutturali nell'andamento dell'inflazione. Un impegno cui è chiamato innanzitutto l'Eurogruppo. Bene, non sono previsti passi avanti.
Inoltre, il no irlandese gela l'aspettativa di un prossimo referendum sull'adozione dell'euro in Danimarca e ciò, sua volta, rinvia una decisione in tal senso della Svezia, là dove l'opinione pubblica resta sempre contraria alla moneta unica.
Non che tra i ministri finanziari dell'eurozona qualcuno sognasse una Unione monetaria a 360 gradi, con una condivisione sempre più stretta delle politiche dibilancio, sociali e fiscali. Per quanto sia paradossale, è un fatto che i paesi dell'euro (saranno 16 dal primo gennaio 2009 con l'aggiunta della Slovacchia) non fanno nulla per estendere il raggio dell'azione comune, approfondire l'integrazione. Chiaro che in tali condizioni non può esistere una politica economica dell'eurozona.
Oggi nessuno intende utilizzare la crisi politica e istituzionale attuale per rilanciare l'idea dell'Europa a doppia velocità. O quantomeno di rispondere al no irlandese al referendum sul Trattato europeo alzando il tiro. Ne parla soltanto Jean Claude Juncker, premier lussemburghese e presidente dell'Eurogruppo in scadenza, come soluzione estrema solo in caso di "disaccordo" sulle scelte da compiere sul Trattato.
Ci sono un sacco di ragioni per cui ciò non avviene e tutte comprensibili, ma la conseguenza è che lo 'spirito' comunitario è via via declinato come semplice sommatoria (o sempre più difficile composizione) degli interessi nazionali a meno che non si debba fronteggiare il rischio di una catastrofe. E' stato il caso, unico per la verità, del terremoto finanziario dei 'subprime' che ha dato la sveglia costringendo i governi a rivedere volenti o nolenti le regole della supervisione finanziaria rigidamente ancorata ai poteri nazionali. Con quali difficoltà e con quale lentezza, però, è sotto gli occhi di tutti.

Antonio Pollio Salimbeni, esperto di economia internazionale, dal 2002 è corrispondente a Bruxelles per Il Sole 24 Ore Radiocor. Già inviato e corrispondente a Washington per l'Unità, ha vinto i premi giornalistici Saint Vincent 1997 e Lingotto 1999. Ha pubblicato "Il drago, Hong Kong, la Cina e l'Occidente alla vigilia del nuovo millennio" (con L.Tamburrino, Donzelli 1997), "Il grande mercato. Realtà e miti della globalizzazione" (Bruno Mondadori1999), "Lo sviluppo insostenibile" (con P.Greco, BrunoMondadori 2003).

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