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9 GENNAIO 2009


Crisi mercati: ricapitalizzazione e vigilanza bancaria Ue, la Bce accelera
di Antonio Pollio Salimbeni (corrispondente da Bruxelles di Radiocor)*
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BRUXELLES –Sono due le novità degli ultimi giorni: la prima è che siamo entrati nella seconda, anzi nella terza fase, degli interventi a sostegno delle banche; la seconda riguarda la Bce che sta esercitando un doppio ‘pressing', sulle banche per spingerle a ricapitalizzarsi velocemente, sui governi affinché compiano scelte più coraggiose, se non radicali, sulla supervisione bancaria.

Dopo aver iniettato nel sistema bancario europeo oltre 110 miliardi, i governi sono ancora di fronte allo stesso scoglio: le banche non prestano denaro. O non lo prestano in relazione a quanto dovrebbero sulla base degli aiuti ricevuti e sulla base delle necessità di economie in recessione. Dopo i primi schemi di salvataggio di settembre e ottobre, l'aumento delle garanzie per i depositi dei risparmiatori, l'Europa scopre amaramente che se non è ‘credit crunch' (rarefazione del credito), poco ci manca. La situazione non migliora sostanzialmente neppure in Francia, là dove vige un sistema ‘prefettizio' di controllo del flusso del credito alle imprese.

Ora siamo ai piani B, probabilmente l'anticamera – se la situazione non dovesse cambiare – di una fase successiva, nazionalizzazioni a tappeto. Di nuovo batte la pista il Regno Unito, poi Francia, Germania, Olanda. Perfino in Spagna, il cui sistema bancario è quasi sfuggito alla crisi, ma che è seriamente colpita dallo ‘sboom' immobiliare, comincia a farsi largo l'ipotesi di un intervento pubblico diretto in alcuni istituti. L'Italia procede con tempi più rilassati perché non assillata dall'emergenza di una crisi bancaria. Ma c'è anche un altro motivo: sulle misure anticrisi, prudenza e attesa di ciò che viene ipotizzato o deciso altrove appaiono far parte di una deliberata strategia giustificata con le note debolezze della finanza pubblica e le ripercussioni possibili sulle emissioni di titoli del debito statale (sugli aiuti al settore auto è stato seguito lo stesso ‘passo').

Dopo aver tanto ricevuto è ora comunque che le banche tornino a fare il loro mestiere. In un crescendo interventista, la Bce ha inviato questo messaggio: vanno "quasi obbligate" a ricapitalizzarsi, ha indicato Lorenzo Bini Smaghi, con un'azione che deve essere coordinata e presuppone trasparenza completa sulle perdite.

Fare chiarezza sui conti implica gestire l'emergenza titoli ‘tossici', pesante eredità dell'orgia ‘subprime'. Le cifre che circolano indicano asset tossici in Germania per 300 miliardi di euro, nel Regno Unito per 200 miliardi di sterline, negli Usa per 800 miliardi di dollari. Le autorità navigano a vista. L'alto funzionario della Commissione europea David Wright, che si occupa dei mercati finanziari, ha candidamente ammesso in una conferenza a Bruxelles: "Come possiamo fronteggiare la situazione se non sappiamo neppure dove ci troviamo? La realtà è che stiamo ancora cercando di definire le dimensioni del problema".

E' questo il contesto dal quale emerge con sempre maggior forza l'idea di una ‘bad bank': separare gli attivi buoni da quelli ‘marci' trasferendoli, appunto, in una ‘banca cattiva'. Già praticata in passato dalla Svezia e recentemente in Svizzera (all'Ubs per 60 miliardi di dollari) è una ipotesi allo studio in Belgio, Olanda, piace a Giulio Tremonti (che però aggiunge subito che all'Italia non servirebbe), viene contrastata dal governo tedesco perché costituisce "una costosa socializzazione delle perdite". A Berlino si studia un prolungamento a 60 mesi contro 36 delle garanzie pubbliche, ma il dibattito nella Grande coalizione è aperto e la banca pubblica regionale WestLB ha confermato che sta studiando proprio la scissione delle attività in due parti per evitare che la parte a rischio (valore presunto 80 miliardi) divori quella buona.
Il Regno Unito ha scelto una via mediana: l'assicurazione contro le perdite relative agli asset di peggiore qualità. Dato che non sono ancora noti i dettagli (oneri e ammontare assicurato) al momento la City non ha gradito.

Quanto alla supervisione bancaria è certo che si avvicinano i tempi di una decisione politica. La Bce è sempre più schierata, almeno nella sua ‘parte' francofortese, a sostegno di una soluzione europea forte. Non solo: all'Europarlamento Trichet ha pure ricordato che non ci sono neppure ostacoli legali a che la Bce assuma ruoli di primo piano. Già previsto dal Trattato Ue, l'articolo 105 paragrafo 6 parla chiaro: il Consiglio "può affidare alla Bce compiti specifici in merito alle politiche che riguardano la vigilanza prudenziale degli enti creditizi o delle altre istituzioni finanziarie, escluse le imprese di assicurazione".

Fra qualche settimana il gruppo Ue di esperti coordinati dall'ex banchiere centrale de Larosière avanzerà la sua proposta. Sul tavolo tre ipotesi nello stesso tempo alternative e complementari: rafforzare i comitati Ue che coordinano regolatori e supervisori nazionali; rafforzare i ‘collegi' di supervisori dei gruppi transfrontalieri sotto la guida dell'autorità delle capogruppo; creare una nuova istituzione sulla falsariga del Forum per la stabilità finanziaria o del sistema europeo delle banche centrali. Che la pressione sia fortissima verso questa terza ipotesi (integrata con le altre due) lo dimostra il disagio della City londinese. Non a caso il Financial Times ha ricordato in un asciutto editoriale come la forma istituzionale che assumerebbe un potere europeo di supervisione resti questione "scabrosa" anche perché "il primo centro finanziario europeo non è parte dell'eurozona".

(*) Antonio Pollio Salimbeni, esperto di economia internazionale, dal 2002 è corrispondente a Bruxelles per Il Sole 24 Ore Radiocor. Già inviato e corrispondente a Washington per l'Unità, ha vinto i premi giornalistici Saint Vincent 1997 e Lingotto 1999. Ha pubblicato "Il drago, Hong Kong, la Cina e l'Occidente alla vigilia del nuovo millennio" (con L.Tamburrino, Donzelli 1997), "Il grande mercato. Realtà e miti della globalizzazione" (Bruno Mondadori1999), "Lo sviluppo insostenibile" (con P.Greco, BrunoMondadori 2003).

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