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24 OTTOBRE 2008


Crisi finanziaria: ora l'economia dell'eurozona è senza stampelle
di Antonio Pollio Salimbeni (corrispondente da Bruxelles di Radiocor)*
ARCHIVIO

BRUXELLES - Il 3 novembre la Commissione europea pubblicherà le nuove previsioni economiche e l'aria che tira è brutta. Già erano brutte le stime del Fondo monetario internazionale dell'8 ottobre: nell'eurozona crescita del pil a 0,2% nel 2009, praticamente stagnazione in Germania e Francia, recessione in Italia (-0,2% dopo -0,1% quest'anno a fronte di +1,3% dell'intera area della moneta unica). E poi due anni di recessione anche in Irlanda, solo nel 2009 in Spagna e, fuori eurozona, nel Regno Unito.
Il vantaggio delle elaborazioni di Bruxelles è che arrivano dopo quelle Fmi, fondate su informazioni fino a inizio ottobre. Nelle ultime settimane, però, si è accumulato poco vantaggio netto. Il barile di greggio che si ritiene possa consolidarsi attorno ai 70-80 dollari (100,50 dollari l'assunzione del Fmi per il 2009), l'euro che perde terreno sul dollaro e il tamponamento bancario su scala europea che ha evitato il peggio sono controbilanciati da fattori negativi evidenti: le Borse continuano a essere quello che sono, pericolosamente volatili verso il tracollo ripetuto; sta saltando la valvola di compensazione dei paesi emergenti; gli esportatori godono dell'euro a 1,20-1,30 contro dollaro, ma all'estero non c'è la corsa ad acquistare le loro merci. Da manuale il caso della Germania, leader mondiale dell'export (nel 2007 secondo dati Ocse pari al 40,6% del pil contro l'8,4% americano, il 14,1% giapponese, il 21,3% francese e il 23,8% italiano): nel 2009 si prevede un aumento delle esportazioni dell'1,2% contro il 4,6% di quest'anno e il 7,5% del 2007. Il problema più grave per i tedeschi è che due terzi dell'export hanno come meta l'Europa.
La difficoltà delle stime sta nella misurazione dell'effetto sulla fiducia di imprese e famiglie delle misure di sostegno statale al sistema bancario e al credito. Non a caso, visto l'accumulo di incertezze, a Bruxelles vengono considerate le previsioni le più complicate della storia comunitaria.
La cosa certa è che l'economia appare non avere stampelle. Investimenti e occupazione hanno permesso fino a qualche mese fa all'eurozona di reagire senza grandi difficoltà al rallentamento dovuto alla crisi dei subprime nonostante il ciclo deludente dei consumi. Da tre trimestri gli indicatori di fiducia sul portafoglio ordini delle imprese cadono ininterrottamente, le aspettative di produzione da un trimestre. In agosto la disoccupazione era a quota 7,5%, in febbraio, marzo e aprile al 6,8%. Quanto ai consumi non c'è da scialare: il Fmi stima nel 2009 un calo di 0,1% della spesa privata dopo +0,3% nel 2008 (+1,5% l'anno scorso). Per Italia e Germania due anni di crescita negativa. Colpa anche della crisi subprime. Il forte aumento della ricchezza finanziaria delle famiglie negli anni '80 e '90 si accompagnò al calo simultaneo del tasso di risparmio: dal 25% del reddito disponibile si è passati nel 2002 al 14%. I guadagni in Borsa avevano sostituito il risparmio personale. Con la stagnazione dei valori degli asset finanziari, processo cominciato all'inizio del decennio, il tasso di risparmio si è stabilizzato. La Commissione europea calcola l'impatto di questo cambiamento in un taglio di crescita dei consumi di oltre mezzo punto percentuale all'anno. A questo si aggiunge un altro fattore negativo: la rapida accumulazione di debito da mutui immobiliari.

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