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28 novembre 2008


Effetto crisi: quanto costa una sedia d'epoca? 80 azioni Fortis
di Antonio Pollio Salimbeni (corrispondente da Bruxelles di Radiocor)*
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BRUXELLES – I francesi mangiano meno carne (-8% dall'estate). I britannici riducono il tasso alcolico e spendono meno per mangiare e vestirsi nonostante campagne di sconti anticipati fino al 20%. Gli spagnoli lasciano l'automobile sotto casa e nel nord si estende il 'car sharing', l'auto privata che per amici e colleghi diventa un taxi. Nessuno si fa pagare, oggi prendo la mia e domani prendiamo la tua. In un grande negozio di mobili antichi in pieno centro a Bruxelles si puo' pagare con azioni Fortis, una vale due. All'inizio dell'anno il titolo della banca-assicurazione salvata in extremis da tre stati e poi dal gruppo francese Bnp Paribas valeva alla Borsa di Bruxelles 17,99 euro, negli ultimi giorni viaggia a quota 0,70-0,75 euro. Con 80 azioni Fortis si compra una sedia lussuosa, con 450 un divanetto d'epoca, triste rivincita di legno e tessuti sull'economia di carta.
Prima di tagliare su tv, hi-fi e palmari in Europa si è ridotta la spesa in abbigliamento: dall'estate 2007 all'estate 2008 la spesa e' scesa dell'1%, per l'anno successivo si prevede un calo del 2,5%. Nel frattempo sono aumentate le importazioni dalla Cina pari al 42% del mercato europeo contro il 40% di un anno fa. Adesso tocca all'elettronica di consumo.

Dell'automobile e' meglio non parlare: in ottobre le vendite sono cadute del 14,5% su un anno, dopo -8,2% in settembre e -15,6% in agosto. In dieci mesi cinque auto nuove vendute in meno ogni cento. Ora arrivera' il sostegno pubblico a suon di interventi europei (almeno 5 miliardi) e dei vari stati con piani straordinari annunciati da Francia, Germania (non in Italia per il momento), Spagna. In Spagna la produzione e' crollata in ottobre del 26%. Comprano meno auto gli spagnoli, ma all'80% i tagli riguardano i paesi nei quali la produzione e' destinata essendo la penisola iberica una 'piattaforma' manifatturiera per l'intero continente.

Ecco spiegato perche' la preoccupazione centrale delle ultime settimane e' il sostegno dei consumi. Piu' o meno tutti i governi cercano di frenarne il crollo chi aprendo il rubinetto fiscale di colpo (nel Regno Unito taglio generalizzato dell'Iva dal 17,5% al 15%), chi aprendo tanti rubinetti pero' con maggiore prudenza (dal taglio dell'Iva mirato per singoli settori alle rottamazioni al sostegno dei bassi redditi e a chi resta senza lavoro) sperando che alla fine le gocce formino un torrente. Un bel problema se l'azione nei vari paesi non e' proporzionata: il primo che favorisce i propri consumatori favorisce anche le importazioni dagli altri paesi. Dunque, chi meno fa piu'
potrebbe avvantaggiarsi della domanda altrui.

Della Germania e' nota la riluttanza a finanziare megapiani europei. Infatti ha accolto le proposte della Commissione europea per un pacchetto di 200 miliardi di euro con sufficienza e malcelato distacco come se non la riguardasse.

Il governo e' convinto che l'emergenza non siano i consumi: se i tedeschi avessero piu' soldi in tasca risparmierebbero di piu' e cosi' addio stimolo all'economia. Le statistiche gli danno ragione se e' vero (ecco il paradosso) che nel terzo trimestre la Germania e' entrata in recessione ma i consumi delle famiglie sono addirittura aumentati rispetto al periodo aprile-giugno. I commercianti tedeschi sono gli unici in Europa a dichiararsi ottimisti sul Natale e pure sull'intero 2009. Cio' detto anche a Berlino sanno benissimo che la fiducia dei consumatori continua a scendere e i segnali che arrivano dal settore delle vendite al dettaglio va pure peggio, non diversamente da quanto avviene negli altri grandi paesi: in novembre - 6,3 punti in Germania, -8,8 punti nel Regno Unito, -7 in Polonia (cali inferiori in Spagna, Italia e Francia). Per questo, a Berlino si ammette a mezza bocca che tra qualche tempo potrebbero essere necessarie nuove misure. Non sono tempi in cui conviene ostentare sicurezza oltre ogni limite.

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