di Antonio Pollio Salimbeni

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30 gennaio 2009


Crisi: emergenza lavoro, mai così diffuso il pessimismo in Europa
di Antonio Pollio Salimbeni (corrispondente da Bruxelles di Radiocor)*
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BRUXELLES – L'aumento del tasso di disoccupazione all'8% nell'eurozona, livello più alto da oltre due anni, è l'ennesima dimostrazione che non siamo ancora in mezzo al tunnel. Ormai, la disoccupazione aumenta regolarmente dall'estate scorsa. Più o meno, la Commissione stima che per quest'anno possono essere considerati persi 3 milioni e mezzo di posti di lavoro. Nel 2010 si tornerà oltre quota 10% di disoccupati, cioè al punto in cui eravamo nel 2003-2005. Tenendo presente che gli effetti reali di una caduta dell'attività economica sul mercato del lavoro normalmente si verificano con un ritardo di due-tre trimestri rispetto alla dinamica della produzione, possiamo concludere che siamo solo all'inizio, visto che tecnicamente la recessione nell'eurozona è cominciata nel primo trimestre 2008.

L'allarme sociale è già suonato e forte. Non sono solo le strade di Parigi e di mezza Francia a risuonare, proteste antigovernative ci sono state nella maggior parte dei paesi dell'est Europa e anche in alcune città tedesche e spagnole. La novità è che non si tratta solo della protesta delle fasce centrali della forzalavoro occupata, ma dei più giovani, di età inferiore ai 24 anni. In Spagna è disoccupato quasi un giovane ogni tre, in Francia uno su cinque, grossomodo come in Svezia, Ungheria e Slovacchia. Rispetto a novembre 2007 i lavoratori assunti per un periodo breve in Germania, sono passati da 87mila a 138mila. In Estonia e Lettonia cominciano i rimpatri degli operai che lavoravano in altri paesi europei.

Per quanto gli stati tamponino la crisi bancaria, corrano a soccorrere questo o quel settore per frenare l'emorragia di posti di lavoro (finanziando le riduzioni di orario per impedire la chiusura degli impianti), il pessimismo non si arresta. Le famiglie consumano meno e risparmiano di più. La sfiducia è un muro che si sta consolidando. La Commissione europea ha recentemente analizzato gli "umori" delle opinioni pubbliche europee in una nota riservata ed è arrivata a questa conclusione: "Negli ultimi diciotto anni gli europei non hanno mai evidenziato aspettative sui successivi dodici mesi così negative come ora".

Questa, però, è solo una parte della storia: l'ondata di pessimismo delle opinioni pubbliche sulle aspettative di lavoro e sull'andamento dell'economia (oltreché della condizioni finanziaria personale o familiare) non è cominciata negli ultimi mesi, bensì tra la primavera e l'autunno 2007 sulla scorta della crisi energetica. Nei dieci anni precedenti l'indicatore era rimasto relativamente stabile. Il boom dei prezzi petroliferi ha agito da catalizzatore per altri fattori di incertezza di lungo periodo solo temporaneamente leniti dal ricorso al debito a prezzi bassi per comprare casa. Uno di questi fattori è oggetto di sempre maggiore attenzione di studiosi in diversi paesi, Spagna, Francia, Germania e anche Italia: il declassamento sociale. In un libro appena pubblicato (Le déclassement, Editons Grasset, 178 pagine, 15,50 euro) il sociologo Camille Peugny racconta di una Francia in cui la mobilità sociale è ascendente solo per pochissimi e quella discendente coinvolge sempre più persone. Nel nuovo decennio a quarant'anni un figlio di un quadro superiore (del pubblico o del privato) su quattro e una figlia su tre lavorano come operai o impiegati. Spesso si tratta di persone con un alto grado di scolarizzazione, il che dimostra come questo non sia più sinonimo di promozione sociale. Il rischio è che la posizione di reddito e sociale di molti francesi (e non solo) sia inferiore a quella dei loro genitori. Per fronteggiarlo non sarà sufficiente aspettare la fine della recessione.


(*) Antonio Pollio Salimbeni, esperto di economia internazionale, dal 2002 è corrispondente a Bruxelles per Il Sole 24 Ore Radiocor. Già inviato e corrispondente a Washington per l'Unità, ha vinto i premi giornalistici Saint Vincent 1997 e Lingotto 1999. Ha pubblicato "Il drago, Hong Kong, la Cina e l'Occidente alla vigilia del nuovo millennio" (con L.Tamburrino, Donzelli 1997), "Il grande mercato. Realtà e miti della globalizzazione" (Bruno Mondadori1999), "Lo sviluppo insostenibile" (con P.Greco, BrunoMondadori 2003).

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