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31 OTTOBRE 2008


Euro: adottarlo o no? Ora anche a Londra c'è chi si allarma
di Antonio Pollio Salimbeni (corrispondente da Bruxelles di Radiocor)*
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BRUXELLES - Anche se in ordine sparso i paesi del nord che non fanno parte dell'unione monetaria hanno ripreso in mano il dossier Euro. Il premier danese Ander Fogh Rasmussen ha di nuovo confermato che i costi economici e politici del restare fuori dall'eurozona sono oggi evidenti. Proprio per sostenere la corona, che fluttua in una banda ristretta sull'euro, giusto una settimana fa la banca centrale ha aumentato i tassi di interesse da 0,50 a 5,50% (tasso di riferimento Bce a 3,75%). "L'euro assicura stabilità politica ed economica e l'attuale turbolenza dimostra che la Danimarca deve adottarlo", afferma Rasmussen indicando che la data possibile per un referendum sarà nel 2011 (otto anni fa prevalse il no).

La Danimarca si trascina la Svezia che nel 2003 votò contro l'ingresso nell'eurozona. La corona svedese ha perso in un mese il 9,2% sull'euro ma ciò va benissimo perché ne risulta stimolato l'export, fondamentale per un'economia fortemente orientata all'esterno. In ogni caso, se la Danimarca aprirà la porta la Svezia, lo ammettono anche i vertici politici, non potrà stare alla finestra.

Manca all'appello Londra. Il premier Gordon Brown è impegnatissimo nel dare il la al montaggio finanziario anti-crisi proprio ai paesi dell'eurozona e alla riforma dell'assetto finanziario globale (anche per salvare il ruolo centrale della City). Ultimamente entra ed esce dalle riunioni dell'Eurogruppo per spiegare come salvare le banche, riesce a ottenere pieno consenso come mai è accaduto rafforzandosi come leader sul piano europeo nel momento di massima debolezza a casa. Eppure nulla dice sull'argomento. Come è stato segnalato recentemente dall'economista Marcello De Cecco, è l'unico a non mettere al centro della riflessione sulla ‘nuova Bretton Woods' l'ordine monetario globale. Probabilmente dovrebbe concludere che "i costi per mantenere una valuta nazionale sovrana in un mondo in cui c'è un numero ristretto di megavalute potrebbero aumentare".

A questa conclusione arriva un interessante rapporto pubblicato dal ‘think tank' britannico Chatham House, più noto come Royal Institute of International Affairs, con il quale economisti, politici ed ex alti funzionari chiedono al governo laburista di prendere una decisione se aderire alla moneta unica o meno "con una riflessione regolare e pubblica". L'idea di fondo è che il Regno Unito non ha finora sofferto dalla decisione di non aderire all'unione monetaria, ma nei prossimi anni potranno presentarsi "nuove ripercussioni" da quella decisione: economia e sterlina sono sempre più vulnerabili alla volatilità indotta dalla concorrenza tra euro e dollaro; l'estensione futura dell'eurozona a un'ampia maggioranza di stati europei "significherà che in pratica saremo esclusi dalle consultazioni e dal coordinamento economico in settori di significativo interesse nazionale come la regolazione dei mercati finanziari".

E' cambiato il contesto e la crisi attuale accelera tutti i processi in corso e non ha reso "invisibile" il problema. Il contrario. "La rarefazione del credito ha mostrato quanto sia importante essere nel porto sicuro del blocco euro e se il Regno Unito dovesse restarne fuori insieme con una minoranza di uno, due o tre paesi, ci potrebbero essere conseguenze politiche ed economiche". Un Eurogruppo più ampio sarebbe in grado di "dominare più formalmente l'Ecofin" (già oggi ne detta di fatto l'agenda politica) e la capacità di influenza britannica dall'esterno "può diminuire nel corso del tempo".

Ciò che si chiede a Gordon Brown è una interpretazione non economicista ma politica dei ‘test' per misurare vantaggi e svantaggi dell'adozione dell'euro (compatibilità delle strutture economiche e del ciclo, flessibilità, condizioni di investimento nel paese, posizione della finanza britannica e della City, promozione di crescita e posti di lavoro). Ecco perché "i ministri devono coinvolgere l'opinione pubblica britannica in una discussione matura su rischi e opportunità che deriverebbero da questa decisione". Adesso.

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