Ivan sconfigge anche il maltempo
di Dario Ceccarelli

Vento, neve e pioggia. Curioso: in questa presunta marcia dei pinguini verso le cime tempestose, è un pugliese di Alberobello il pinguino più pimpante di una tappa dominata dal maltempo e dalle previsioni meteo. A Passo del Furcia, quota 1739, traguardo anticipato per motivi di sicurezza, Leonardo Piepoli, seguito come un'ombra da Ivan Basso, bissa il successo di La Thuile. Anche quel giorno c'era un tempo da lupi. E anche quel giorno la maglia rosa, con la rispettosa benevevolenza di chi non ama rischiare inutilmente l'osso del collo, gli diede via libera nella discesa che portava al traguardo. Vai avanti tu, che io poi rido a Milano. Questa volta l'arrivo è in salita, ma la sostanza non cambia.

Soffia il vento, soffia la bufera, ma nulla o quasi cambia in classifica generale. Ivan Basso, arrivando con lo stesso tempo di Piepoli, consolida il suo primato mettendo nella valigia un'altra ventina di secondi su Gutierrez e un altro minuto su Simoni che, comunque, strappa il quarto posto a Paolo Savoldelli, sempre al gancio quando gli alberi si diradano e la strada si impenna.

Per Basso insomma un 'altra giornata da incorniciare. L'unica sua paura, si vede, è quella di non coprirsi abbastanza appena scende dalla bicicletta. Sono magro, dice quasi giusitficandosi. Mi basta un nulla per prendere un malanno, sospira coperto da tre strati di giacche e vento e piumini da Patagonia. Insomma una cosa è chiara: più che di Simoni, Basso ha paura dell'influenza o del mal di pancia.

Polemiche e contestazioni, infine, per la decisione di tagliare dal percorso le due cime più alte della tappa, quella del passo delle Erbe a quota 1987 metri, e quella finale di Plan de Corones a 2273 metri. Nullla da eccepire sul primo taglio. Il problema infatti non è la salita, ma la discesa. E una discesa con la strada fradicia di neve poteva diventare pericolosissima. Infatti i corridori non hanno protestato. Quanto a Plan De Corones, forse si è peccato per eccesso di realismo.Sulla cima nevicava e tirava molto vento, vero. Come è vero che al posto delle bici forse era meglio infilare gli sci. Però ad attendere i corridori c'erano circa ottomila cicloamatori, tutti arrivati in bicicletta, che sono rimasti delusi. E poi diciamolo: con la fine della salita finiva anche la corsa. Insomma, tagliato il traguardo, si andava tutti sotto la doccia. Si parla tanto di ciclismo eroico, della mitica salita del Bondone di 50 anni fa. Di Gaul, di Magni eccetera eccetera. Tutto splendido, tutto molto emozionante. Adesso, però, con tute e materiali che mezzo secolo fa neppure si sognavano, si scende dalla bici e si va subito in albergo. Dove sta l'errore?

25 maggio 2006