7 luglio 2006

«La Coppa? Vorrei che gli Azzurri me la riportassero a casa»

di Dario Ricci

Silvio Gazzaniga
«Sono 32 anni che va in giro per il mondo: tanti viaggi, tante persone che l’hanno toccata, amata, maledetta, sognata e rimpianta: è l’oggetto del desiderio di ogni bambino che comincia a tirare calci a un pallone nella speranza di diventare un campione. E poi magari questa volta Lippi e suoi ragazzi me la riportano a casa…». Ne parla come fosse una figlia, Silvio Gazzaniga, della sua creatura. Perché “lei” è la Coppa del Mondo di calcio, quella che domenica sera gli azzurri cercheranno di portare in trionfo nel cielo di Berlino. Quella coppa che proprio Gazzaniga, milanese, classe 1921, maestro orafo e scultore, ha plasmato nel suo studio milanese di via Stendhal. Nel 1970 in Messico la finale del Mondiale fra Italia e Brasile infatti assegnò definitivamente la Coppa Rimet. Azzurri (nel 1934 e 38) e verdeoro (1958 e 62) avevano fino ad allora conquistato due volte a testa il trofeo: il 4 a 1 con cui Pelè, Gerson, Jairzinho e Carlos Alberto liquidarono l’Italia di Valcareggi (che all’Azteca concesse solo gli ultimi sei minuti al golden boy Rivera, che pure aveva deciso la storica semifinale con la Germania) permise al Brasile di aggiudicarsi la Coppa, che sarebbe stato possesso definitivo per chi l’avesse vinta per tre volte nella storia della manifestazione. Bisognava quindi trovare, ideare, realizzare un nuovo trofeo, degno della massima rassegna calcistica mondiale.

Come nacque, Maestro, l’idea di disegnare la nuova coppa?
«Dopo Messico ’70, la Fifa bandì un concorso internazionale per realizzare la nuova coppa e decisi di partecipare. Però, oltre ai due tradizionali disegni che di solito si inviano in queste occasioni, allegai alla documentazione anche una foto del modello in plastilina dell’opera che avevo realizzato: volevo infatti far capire il dinamismo, la plasticità della materia espressa nelle particolari forme del trofeo che avevo realizzato: forse proprio quella fu la mossa vincente, e devo ammettere che la commissione fu coraggiosa nella scelta, perché non era certo facile scegliere un progetto così inconsueto e innovativo».

Alta 36,8 centimetri, realizzata in oro massiccio a 18 carati, pesante 6.175 grammi, la nuova Coppa del Mondo ebbe però bisogno di ulteriori perfezionamenti prima di diventare ufficialmente il trofeo più ambito dai calciatori di tutto il mondo...
«Certo. La Fifa mi chiese infatti di perfezionare il disegno originario per rendere più visibili, nella parte sferica che rappresenta il globo, i continenti e le nazioni che partecipano ai giochi olimpici e alle qualificazioni per la fase finale del Mondiale. Perfezionati questi particolari, ho poi definito i particolari delle figure dei due atleti, di forma elicoidale, che sorreggono la parte alta della coppa: a quel punto il più del lavoro era fatto. Vicino alla base del trofeo, poi, ci sono due strati di malachite semipreziosa, mentre sotto la base della coppa sono incisi l’anno e il nome del vincitore, a partire dal 1974, anno in cui l’opera fece il suo esordio ufficiale».

E quel 7 luglio 1974, quando la sua coppa venne assegnata per la prima volta dopo il successo della Germania Ovest sull’Olanda per 2 a 1 nella finale di Monaco di Baviera…
«Che emozione vedere Franz Beckenbauer alzare il trofeo!! Mi sembrò di vedere finalmente incarnati anche gli ideali che mi hanno animato nel realizzarlo: la gioia dell’atleta, il dinamismo dello sport, e al tempo stesso la sua purezza originaria, con le vittorie, le sconfitte, le emozioni; una purezza rappresentata anche dalla materia grezza di cui è fatta la coppa: perché si sa, lo sport non è mica roba da signorine….Poi, lo ammetto, vedere quella coppa sollevata verso il cielo è diventata un po’ un’abitudine, anche perché di trofei calcistici ne ho realizzati parecchi, ma sempre con la stessa gioia e lo stesso entusiasmo, lo stesso desiderio di celebrare la grandezza dell’atleta nel momento della vittoria».

Immaginiamo l’amarezza che sta provando in questi giorni, proprio Lei che ha realizzato il simbolo più alto del calcio mondiale, nel vedere come lo scandalo di Calciopoli stia travolgendo il football nostrano…
«E’ un dolore fortissimo, per chi ama lo sport,vedere il nostro calcio ridotto così, ma di scandali ne ho visti tanti nella storia del pallone, sono sicuro che anche questa volta sapremo uscirne fuori e fare pulizia».

Ogni tanto poi, c’è anche la gioia di rivedere la sua coppa da vicino. Proprio prima di Germania 2006 c’è stato bisogno di qualche piccolo ritocco, vero?
«Sicuro. Ad esempio, proprio prima dell’inizio del torneo tedesco, i dirigenti della Fifa me l' hanno riconsegnata per una messa a punto: c’erano parecchie ammaccature, segno che qualcuno l' ha fatta addirittura cadere….Adesso è a posto, e anzi in futuro la coppa sarà ancor più protetta, perché alla federazione che la vincerà, a partire da quest’anno, verrà consegnata solo una copia, non più l’originale che prima veniva conservato per quattro anni dai vincitori, e che ora invece resterà sotto diretta tutela della Fifa».

Comunque finisca poi il mondiale tedesco, c’è la soddisfazione di averla vicina per i prossimi quattro anni...
«Certo è stata lontana in questi ultimi quattro anni», chiosa Gazzaniga alludendo al successo del Brasile nel 2002 in Giappone&Corea. «A 85 anni, sa, mi piacerebbe che tornasse in Italia, come nell’82. Stavolta, chiunque vinca a Berlino, almeno la coppa resterà in Europa, un po’ più vicina al suo papà…».