Parigi-Roubaix, Boonen vince
e fa tris davanti a Pozzato

di Dario Ceccarelli

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13 aprile 2009
Tom Boonen taglia per primo il traguardo dell'edizione n. 107 della Parigi-Roubaix (Afp)

Primo posto per il corridore belga, secondo l'italiano Pozzato. Dieci feriti per l'uscita di strada di una moto dell'organizzazione


«Questa non è una corsa! Questa è una porcheria! Non la faro mai più». Il grande Bernard Hinault, subito dopo averla vinta nel 1981, sulla Parigi - Roubaix disse cose terribili che qui non possiamo ripetere per motivi di educazione. Di sicuro comunque l'orgoglioso bretone fu di parola: e mai più si presentò alla partenza di Compiegne. Ci vadano gli altri, a farsi massacrare, aggiunse in un'altra intervista prima di diventare dirigente della Società del Tour che, detto per inciso, è anche la società organizzatrice della Parigi-Roubaix, soprannominata anche l'ultima follia del ciclismo moderno.

Ci è venuta in mente quella frase di Hinault, peraltro riferita ai rischi che di solito corrono i corridori sui pietroni del pavè, quando ieri, nel momento topico della corsa, una delle tantissime moto che seguono la corsa è uscita male da una curva finendo come un treno impazzito contro il pubblico. Un impatto devastante che ha mandato dieci persone all'ospedale con danni pesanti. Il tutto in quella bolgia di clacson, urla, polvere, schizzi di fango, motori che sbiellano, corridori che rimbalzano sulle pietre come birilli e, a volte, miracolosamente tornano in piedi. A volte. Altre volte, invece, finiscono anche loro all'ospedale con clavicole rotte, ginocchia devastate (Johan Museeuw, tre volte vincitore, ha rischiato di perdere una gamba), femori spezzati e via elencando. "Per dieci giorni" ha detto Francesco Moser «ti fa male tutto il corpo come se ti avessero preso a bastonate. Se poi sei anche caduto, sono cavoli amari…».

Adesso che il nuovo Monsieur Roubaix è il belga Tom Boonen, ieri al terzo successo in otto partecipazioni, davanti a un combattivo Filippo Pozzato, non si può però non pensare a quanto di folle ci sia in questa corsa che, ormai, sembra più una corrida che una classica di ciclismo. E non solo per i rischi cui vanno incontro i corridori, peraltro tutti adulti e vaccinati, ma anche per il contorno di sangue e arena in salsa nordica che, in realtà, è la struttura portante della Roubaix.

Diciamolo: la corsa è solo una lotteria, dove vince sì uno dei più forti specialisti, ma vince se l'assiste il famoso cul de sac. Tom Bonen è fortissimo, ma se Flecha nell'ultimo tratto di pavè non sbaglia la curva portandosi dietro Van Sumeren e Hoste, e costringendo il nostro Pozzato a perdere quella ventina di secondi fatali, col cavolo che il belga arriva in perfetta solitudine al velodromo di Roubaix. E il norvegese Hushvod, finito contro il pubblico proprio mentre tallonava Boonen?

Allora: Boonen è un talento, e non si discute. I risultati parlano per lui. Ma, come dice il cittì Ballerini, uno che di Roubaix se ne intende, bisogna essere bravi e fortunati. Trovare il canale giusto, intuire l'ostacolo, non forare troppe volte e se lo fai, mai farlo quando la macchina del meccanico è lontana. Ieri per esempio, 30 chilometri dal traguardo, Bonen ha forato per la seconda volta. Però dietro aveva già pronta una bici di ricambio. E non ha perso tempo. Cosa che invece è successa a Pozzato. Quei venti secondi, in una bolgia come la parte finale della Roubaix, diventano un capitale formidabile. E infatti Boonen l'ha poi raddoppiato tagliando il traguardo con un vantaggio di tutto relax.

Ma tornando alla Roubaix, non stupisce che una moto sia finita contro il pubblico. Stupisce di solito il contrario: che dopo quella carica di bufali quasi tutti i tifosi restino illesi. Nel tratto in pavè della foresta di Aremberg, lo spazio è strettissimo. E i corridori passano in una striscia laterale, per non rimbalzare troppo sui pietroni, che fa il pelo ai supporter accampati dalla mattina con tavoli e sedie da picnic. Se non piove c'è un polverone africano, se piove allora tutto si trasforma in una tempesta di fango. E per guidare le moto bisogna saperci fare. Centauri con anni di esperienza. Perché guidare una moto, in questi budelli, è un'arte. Il problema è che moltiplicandosi le richieste di accredito alla fine si abbassa il livello di sicurezza.

Tornando all'esito della corsa, resta l'amaro in bocca anche per l'ennesimo piazzamento di Pozzato. Questa volta, è vero, ha corso da campione. La sfortuna lo ha penalizzato proprio nel momento decisivo. Però. Siamo sempre al solito punto: che con Pozzato c'è sempre qualcosa che, alla fine, non va in buca. Troppe coincidenze che non coincidono. E quindi: o si Pozzato si dà una mossa, oppure finiremo tutti a credere che le coincidenze non vengono per caso. Come dice il proverbio, la fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo.

13 aprile 2009
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