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Le pagelle del Giro d'Italia

di Dario Ceccarelli

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1 giugno 2009

Ora che l'ultima transenna è stata riposta nei magazzini del Giro; ora che Menchov potrà fare una passeggiata senza doversi preoccupare di seguire Danilo Di Luca; ora che il meccanico olandese di Menchov, quello che quando il russo è caduto sui sampietrini di Roma gli ha passato la bicicletta in cinque secondi, potrà finalmente smaltire in pace la meritata sbronza raccontando agli amici che il vero vincitore del Giro d'Italia è lui; ebbene ora è il momento di mettere la parola fine a una corsa che, nonostante un percorso molto sui generis, ha di sicuro avuto un merito: quello di non farci annoiare.

Non è poco. Anzi. Quando si dice che questo Giro non ha avuto le grandi montagne del passato, e che sono state fatte dall'organizzazione alcune scelte stravaganti (la cronometro extralarge delle Cinque Terre, l'arrivo a Milano nella prima settimana, la tappa del Block Haus troppo breve, eccetera eccetera), si dice solo una parte della verità.

L'altra verità è che, da un bel pezzo, il Giro d'Italia non offriva tanti colpi di scena. A parte la sfida infinita tra Menchov e Di Luca, anche il resto del copione è stato di tutto rispetto. Poteva essere più bello? Più combattuto? Può darsi. Ma, come diceva un proverbio, se mia nonna avesse avuto le ruote sarebbe stato un tram. Intanto, in attesa dei prossimi giri immaginari, vediamo con le pagelle dei protagonisti, come è andato questo vecchio Giro centenario (Voto complessivo: 7)

Menchov 9. È il dominatore del Giro. Ottimo a cronometro, resistente in salita, il russo gestisce la corsa con invidiabile lucidità. Individua il nemico più pericoloso, Di Luca, e non lo molla fino a Roma. Il suo capolavoro, a parte la crono delle Cinque Terre, lo realizza a Frosinone quando ruba il tempo a Di Luca nell'abbuono. Roccioso.

Di Luca 8. Generoso come Ciccio Graziani, a furia di attaccare perde in lucidità facendo il gioco del russo. Però è l'unico che tenta, realmente, di scalzare Menchov. Gli altri parlano, lui fa. Apprezzabile anche quando dice che vincere per la caduta di Menchov non sarebbe stato bello. Unica pecca: quando a Milano fa il capopolo di una protesta sgangherata.

Pellizotti 7,5. Riesce a salire sul podio, ed è un risultato. Forse poteva fare ancora di più. La cogestione della fascia da capitano con Ivan Basso lo penalizza. Per la serie: siamo uomini o capitani?

Sastre 7. bravissimo a nascondersi, quando è il momento tira fuori l'asso vincendo due tappe. Molto intelligente, sa vedere le debolezze altrui. E anche le proprie. Autorevole.

Cavendish 7. brillante ma non super. Cannonball perde potenza dopo la tappa di Firenze.

Petacchi 7. vince due tappe, recupera se stesso. Avendo a che fare con Cavendish non è poco.

Garzelli 6,5. Rigenerato e combattivo. Peccato che la botta dell' Alpe di Siusi lo metta subito fuori dai giochi. Ma forse è quello che voleva per avere più libertà d'azione.

Scarponi 6,5. Due tappe e un bel Giro. Completamente rigenerato dopo la squalifica.

Ivan Basso 6. Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? Dibattito aperto. Il percorso non fa per lui che è un diesel e ha bisogno di lunghe salite. Però, ogni tanto, ci prova. Paga i due anni di sospensione, ma può solo migliorare.

Armstrong 6. Qui il dibattito s'infiamma. Vecchio, bolso e arrogante dicono i detrattori. Non siamo d'accordo. Arrogante magari lo è, però il texano merita rispetto. Con dodici viti nella spalla, dopo tre anni da vita da rockstar, tiene la scena con dignità. A sbagliare sono stati i suoi cantori, sperticati, nel magnficarlo, alla vigilia.

Cunego. 4,5. Il vero sconfitto è lui. Ora deve capire cosa fare da grande. Forse è meglio che sia dia al classico.

Simoni 4. Qualcuno gli dica che è stato un campione. E che ora può fare qualcos'altro...

Fuori gara, Napolitano 9. Il capo dello stato quando riceve Menchov, abbracciandolo, gli parla in russo chiedendogli come si sentiva alla fine del Giro. Ha ancora un buon colpo di pedale.

1 giugno 2009
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