Il Sole 24 Ore
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30 agosto 2009

«Club indebitati fuori dall'Uefa»

di Marco Bellinazzo

Il sogno di Roi Michel, quello di vedere una finale di Champions tra club non più zavorrati dai debiti, sta per diventare realtà. L'auspicio manifestato dal presidente dell'Uefa Platini due anni fa a Mosca (prima del fischio d'inizio di Manchester United-Chelsea) e diventato nel frattempo il manifesto della sua politica sportiva è stato tradotto in un vero progetto («Financial Fair Play»). Che ha ricevuto in questi giorni a Montecarlo il via libera del «Consiglio strategico del calcio professionistico» e dell'«European club association board», capitanata da un altro mito del calcio anni Ottanta, il tedesco Karl-Heinz Rummenigge.
Di fatto, dagli stessi club europei è arrivato – all'unanimità – l'appoggio al piano che sarà approvato dal Comitato esecutivo Uefa nella prossima riunione di Nyon (a metà settembre). «Il fair play finanziario è fondamentale – ha sottolineato Platini – per promuovere la sostenibilità a lungo termine del calcio europeo. Molti club mi hanno chiesto di intraprendere un'azione per proteggere il nostro gioco. Adesso, siamo tutti d'accordo. Il principio è stato stabilito e questo è un grande punto di svolta».

A partire dalla stagione 2012/2013, dunque, non saranno più ammessi alle competizioni continentali – Champions ed Europa league – i club incapaci di assicurare la sostenibilità finanziaria della gestione. In pratica, si dovrà garantire di poter coprire le spese con i ricavi conseguiti, senza ricorrere ai prestiti delle banche o alle munifiche tasche di qualche mecenate. L'azienda sportiva, insomma, dovrà far quadrare i conti "autonomamente".
Per rimontare la china e sanare i debiti che oggi pesano sui bilanci ci saranno tre anni di tempo. La "Maastricht" del football avrà peraltro un'applicazione "intelligente", in quanto nelle linee guida si precisa che i debiti dovranno essere diversamente valutati: con più rigore quelli legati a campagne acquisti condotte strapagando i calciatori; con più flessibilità, invece, quelli dipendenti da investimenti negli stadi o nei vivai.
Principi salutati con favore da Rummenigge: «L'associazione dei club europei conduce da tempo la battaglia per razionalizzare e disciplinare le finanze dei club. Ci siamo accordati sui principi, gli obiettivi e i tempi. C'è ancora molto lavoro da fare e continueremo ad incontrarci con la Uefa per definire tecnicamente le modalità del risanamento».
Ma se ormai sugli obiettivi non si discute più è già facile immaginare le polemiche che potranno sorgere sui criteri da adottare per giudicare la qualità delle spese. Se la campagna trasferimenti del Real Madrid costata oltre 250 milioni di euro è apparsa a tutti faraonica, è anche vero che il patron Florentino Perez continua a battere il tasto sui ritorni delle operazioni che hanno portato in Spagna, tra gli altri, Cristiano Ronaldo e Kakà. Il Real avrebbe infatti già incassato oltre 40 milioni fra sponsorizzazioni e merchandising. E d'altro canto gli investimenti diretti a conquistare la poltrona di club prestigiosi, come quelli che hanno spinto magnati stranieri a fare incetta dei team d'Oltremanica – ingigantendone però l'indebitamento – come dovranno essere catalogati?

La strada del fair play finanziario, in ogni caso, appare ormai ineluttabile, essendo peraltro precluse manovre comunitarie sulla fiscalità di vantaggio. Questo a maggior ragione in una fase in cui la crisi economica mondiale mette a repentaglio le entrate (tra cali di spettatori e sponsor in difficoltà). Un cambio di passo imposto, del resto, dalle gelide cifre: con Premier league e Liga spagnola che viaggiano sopra i 3 miliardi di indebitamento complessivo, la Serie A che sfiora i 2 miliardi (si veda Il Sole 24 Ore del 2 luglio) e la Bundesliga che si attesta sui 600 milioni di rosso.
Per arginare questa deriva sarà applicato, dunque, un mix di misure che saranno calibrate nel dettaglio nei prossimi mesi, sotto la sorveglianza di un organismo indipendente.
Oltre all'obbligo di tenere in ordine il bilancio ed essere in grado di onorare i propri impegni in qualsiasi momento, i club dovranno limitare le uscite relative a trasferimenti e ingaggi, da tenere sotto la soglia del 60-70% degli introiti, come accade in media oggi (ma niente salary cap modello Nba). A tal fine potrebbe anche essere introdotto un limite alle rose.

30 agosto 2009

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