Mondiali di ciclismo, azzurri non pervenuti

di Dario Ceccarelli

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28 settembre


Inutile cercar scuse. Colpiti e affondati senza attenuanti. Il migliore dei nostri, Damiano Cunego, ottavo. Gli altri non pervenuti. Ma quello che più colpisce, in questo mondiale vinto da un Signor Campione che una volta tanto non è in odore di doping, è che la squadra azzurra non è mai stata in partita.
Sempre fuori posto. Sempre in ritardo quando il gioco si faceva duro. Avevamo un'occasione unica: centrare un poker storico dopo tre successi consecutvi. Un'impresa mai realizzata. Invece è stato un flop sesquipedale.

Può darsi che Cunego, come gli capita spesso, abbia patito la pressione che il ruolo di leader impone. Può darsi. In realtà il capitano azzurro ha dato l'impressione, soprattutto nel finale, di essere bollito per bene. Per non parlare di Ivan Basso e Filippo Pozzato. Avrebbero dovuto essere gli scudieri di Cunego, pronti a lanciarlo verso il traguardo iridato. E chi li ha visti? Una tiratina nel penultimo giro, e tanti saluti alla compagnia. Male anche Garzelli, residente sulla carta d'identità a Mendrisio, ma ben poco presente in corsa.
Ballan, il campione uscente, almeno ci ha provato. Neppure lui aveva le gambe, però ci ha messo la faccia. Gli altri, un disastro. Si salvano solo le seconde file, gli uomini di fatica come Bruseghin e Scarponi, costretti a tirare come asini per riempire i buchi lasciati dalle Grandi Firme, quanto mai vaporose e inconcludenti. Una fatica di Sisifo che non lascerà traccia nella storia iridata.

Che dire? Non sempre si può vincere, d'accordo. Ai mondiali capita anche di perdere, certo. Ma perdere così lascia molto amaro in bocca. Anche perchè, a sentire le dichiarazioni della vigilia, sembravamo tutti dei padre eterni. Lo stesso cittì Ballerini, cui non si possono imputare errori particolari, aveva avvalorato questa impressione, cosa che ci ha attirato le premurose attenzioni degli avversari più accreditati, avvinti come edere a Cunego e Ballan.
Ma forse è inutile farla lunga: quasi tutti gli azzurri erano spompati. Questa è l'amara verità. Una verità che arriva al termine di una stagione non particolarmente esaltante per il nostro ciclismo, più chiacchierato per le imbarazzanti vicende di Rebellin e Di Luca che per le prodezze agonistiche.

Resta solo una consolazione. Che questo titolo iridato va a un corridore di valore che da anni si becca la qualifica di "eterno piazzato" proprio perchè non si mai fatto incantare dalle sirene del doping. Almeno per il momento. Un campione del Mondo, questo Cadel Evans, che è davvero un cittadino del mondo, proveniendo dall'Australia e correndo da anni come professionista in Europa. Anche lui è residente nel Canton Ticino a due passi da Mendrisio, ma, come si è visto, non solo sulla carta d'identità.

28 settembre
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