Quando un italiano correva veloce come un giamaicano

di Cesare Balbo

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
11 settembre 2009

Il 12 settembre cade il trentennale dell'impresa di Pietro Mennea, che alle Universiadi di Città del Messico stabilì il record del mondo dei 200 metri


Nell'anno degli ultimi Mondiali di Atletica di Berlino, sugellati dai record di Bolt e dalle "zero medaglie" dell'Italia, cade il trentennale dell'impresa di Pietro Mennea, che il 12 settembre 1979 alle Universiadi di Città del Messico stabilì il record del mondo dei 200 metri. A ricordare quel tempo, quando un italiano correva veloce come un giamaicano, è la ristampa di «19"72. Il record di un altro tempo», Delta 3 Editore.

Come ai tempi delle interviste nel dopo-gara, quando parlava della sua prestazione in terza persona, Mennea ripercorre autobiograficamente i momenti di quella impresa messicana realizzata alle 15 e un quarto in quarta corsia, a 2248 metri sul livello del mare. Come nella canzone di Jannacci, quel giorno c'erano le nuvole che scaricarono una leggera pioggia, una complicazione per una gara di sprint, compensata tuttavia, oltre che dall'altura, dagli 1,8 metri di vento a favore. Da sprinter di razza sentiva che nell'aria c'era il record, tanto che, rivolgendosi a Vittori, suo mentore e allenatore, sicuro Mennea disse «Questa è la volta buona», prima di accingengersi ai blocchi di partenza. Come tutti i velocisti ripassò mentalmente il ritmo-gara: partenza non troppo veloce, una curva senza sbandare troppo e l'uscita senza irrigidirsi in progressione. All'epoca non c'erano i display luminosi su cui verificare i tempi di passaggio, per cui ci si affidava alle voci del campo che riportavano il responso cronometrico.

Alle 15.15 quando scatta dai blocchi di partenza senza punti di riferimento di avversari veloci come lui, Mennea sa che deve fare corsa su di sè: corre i primi cento in 10"34 e i secondi in 9"38 con velocità di punta raggiunta, tra i 100 e i 150, con un miglioramento di 11 centesimi rispetto al primato precedente di Tommie "Jet" Smith, durato 11 anni. Questa è l'analisi storica del suo 19"72, al netto degli odierni tempi di reazione allo sparo, del numero dei passi e dell'ampiezza della falcata. Ma le emozioni per il record sono le stesse di oggi: «Il pubblico urlò. Io capii, ma non ero sicuro. Non c'erano tabelloni elettrici, allora. Mi girai. L'unico cronometro era alla partenza. Guardai le cifre, forse che avevano sbagliato anno? Eravamo nel '79 non nel '72, poi mi vennero tutti addosso, ci fu una grande confusione». Un record longevo, peraltro tuttora un tempo da primato europeo che agli ultimi mondiali sarebbe valso il podio, rimasto imbattuto per diciassette anni fino alle Olimpiadi di Atlanta, quando Michael Johnson lo migliorò.

Ma cosa c'era dietro al tempo di Mennea? Come indica il titolo del libro c'era un altro tempo, trascorso per lo più in ritiro a Formia. «Dietro a quel record undici anni di lavoro certosino, 3.950 giorni di allenamento («compresa Pasqua, Natale e tutte le feste»), ottomila ore di lavoro, almeno 5 al giorno, oltre alle gare: 528 di cui 419 individuali e 109 staffette. Una vita da regola monastica per raggiungere l'ascesi del record.

Perchè, almeno in atletica, l'Italia non solo non stabilisce primati mondiali ma stenta negli ultimi anni nel medagliere? A dare una risposta è sempre Mennea, che attuava per intero il ciclo di allenamento di Vittori: «Noi abbiamo indicato una strada che ora tutti hanno abbandonato. Forse c'è ancora qualcuno che conosce la misura della fatica, ma è diversa, non sarà mai quella nostra». Leggenda vuole che quando Vittori nei convegni mostrava il programma di lavoro gli chiedevano: «Ma chi si allena così è ancora vivo?». Eccome, e sempre in forma, unico bianco con Valery Borzov capace di battere gli americani quando ancora dominavano lo sprint. Memorabile al riguardo l'episodio del suo incontro con Muhammad Ali a Las Vegas. «Mi presentarono come l'uomo più veloce del mondo. E lui sorpreso: "Ma tu sei bianco". Sì, gli risposi, ma sono nero dentro».

11 settembre 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio