L'Inter passa agli ottavi,
Fiorentina prima del girone

di Lara Vecchio

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10 dicembre 2009
Per la Signora un inglorioso addio

Sette anni fa a Firenze si cominciava a scrivere una nuova storia sulle ceneri di un fallimento, ripartendo da un blasone infangato e dai campi della C2. Oggi la Viola infila cinque vittorie consecutive in Champions. Un miracolo che ha un solo nome: pianificazione. E un solo aggettivo: seria.

Per un giorno, almeno per un giorno, la Fiorentina ha tutto il diritto di monopolizzare squilli di tromba e titoloni. E di far slittare di qualche pagina il passaggio di turno di Inter e Milan, e persino la traumatica ‘retrocessione' della Juve in Europa League. L'indiscussa regina della notte è la squadra di Prandelli che, non paga di un traguardo storico come l'accesso agli ottavi, ha pensato bene di piazzarsi in testa al girone espugnando Anfield Road in rimonta. Scende in campo con la testa sgombra, facendo un pensierino, ma non una malattia, all'idea del primo posto.

Va sotto, con il gol di Benayoun, ma si ricompone con lucidità. Pareggia con Jorgensen e acchiappa la vittoria, nei minuti di recupero, con Gilardino. La rete inglese arriva comunque in un buon momento dei viola, mai supponenti, mai deconcentrati. I presupposti non erano certo rosei: c'erano più defezioni che i disponibili. Dainelli squalificato, Mutu, Gamberini, Gobbi, Zanetti e Jovetic fuori causa. Roba da reclutare qualcuno last minute tramite agenzia interinale. In panchina due portieri, per far numero, e due giovanissimi , Carraro e Aya. Vargas e Marchionni, gli unici rincalzi di peso. Ed è proprio il cileno l'uomo della svolta, che serve la storia a Gilardino su un piatto d'argento, consentendogli, col gol vittoria, di eguagliare il mito a quota 10 gol europei.

Anche Benitez ha le sue gatte da pelare dovendo rinunciare almeno inizialmente a Torres , e con il recupero in extremis di Gerrard. In mezzo al campo spunta Aquilani. I ritmi sono blandi fino alla mezz'ora, poi la partita si anima ma sotto porta si sbaglia molto. E' la Fiorentina ad attaccare ma passano i reds alla prima vera occasione, con un bell'inserimento di Benayoun sugli sviluppi di una punizione battuta da Gerrard. Il pari arriva nelle stesse condizioni, forse nel miglior momento inglese: Gila serve l'assist per il diagonale vincente di Jorgensen. Dentro Torres. Il Liverpool si fa sotto e sfiora il raddoppio con Pacheco, ma l'ingresso di Vargas scompiglia di nuovo gli equilibri. Palla per Gilardino che fa saltare il banco e il tappo dello champagne.

Anche a San Siro è festa, ma senza gioia apparente. Vince l'Inter, senza affanni (ed è la prima vittoria casalinga dopo oltre un anno in Champions, l'ultima era stata il 22 ottobre 2008 contro i ciprioti dell'Anorthosis per 1 a 0, gol di Adriano), ma i volti non si distendono ancora. José Mourinho è cupo, polemico con la stampa, perennemente sulla difensiva. Ma questa volta, ne siamo certi, non avrà strapazzato troppo il suo genio ribelle. Anche se qualche rimprovero non glielo ha risparmiato per le proteste a rischio ammonizione ed espulsione dopo un rigore negato e perfino per i crampi a fine partita, segno di un allenamento non appropriato, pare... Nella sacralità dello spogliatoio, però, faccia a faccia, Mou avrà guardato negli occhi Super Mario e gli avrà detto almeno «grazie», per quel gol meraviglioso e per aver ripagato la sua fiducia. Balotelli è titolare di una formazione esageratamente offensiva che lascia tutti stupiti, e ammettiamolo pure, anche un po' perplessi.

Con lui, Milito ed Eto'o. Subito dietro, Sneijder, al rientro dopo un mese di stop,con la sua classe e la capacità di dettare tempi e gioco. Il Rubin Kazan, neo campione di Russia per il secondo anno consecutivo, non scende in campo per onor di firma, ma si difende con ordine pur senza rendersi mai particolarmente pericoloso, se non dopo un quarto d'ora con una buona conclusione di Karadeniz che Julio Cesar devia in angolo. Uno scontro fratricida con Lucio mette ko Samuel costringendo Mourinho a correre ai ripari con Cordoba che, seppur disabituato al ritmo partita, mette a frutto la sua esperienza in una gara impeccabile.

La notizia del vantaggio della Dinamo sul Barcellona gela il sangue nelle vene al popolo di San Siro ma fa da stura al decollo nerazzurro. Numero di Zanetti che, con una serpentina, mette al centro una palla sulla quale si avventa Balotelli che, di tacco, smarca Eto'o che di sinistro firma il vantaggio. L'effetto è quello della bibita che mette le ali. L'Inter si carica come una molla e sul finale di tempo Sneijder sgancia un missile alto sulla traversa e Maicon esalta il portiere Ryzhikov. Poco importa che l'arbitro fischi il fuorigioco l'adrenalina schizza da tutti i pori. Adesso la gara va in una sola direzione, ma l'intervallo spegne l'ardore.

Al rientro Cambiasso sostituisce Stankovic e il Rubin è ricaricato. Del pericolo però si sente solo l'odore dalle parti di Julio Cesar. Balotelli alza la cresta biondo platino e quando decide di fare il campione, si sa, non lo ferma nessuno. Si guadagna una punizione sulla trequarti, da distanza proibitiva , e con una traiettoria imprendibile lascia di sasso il portiere russo e si copre di gloria. C'è ancora tempo per dar prova di superiorità. Sneijder non si fa pregare con la solita dirompente personalità ma il palo lo lascia a becco asciutto. Intanto il Barcellona rimonta la Dinamo con Xavi e una magia di Messi, conquistando la vetta del girone. Il piazzamento interista significa ripartire in salita. Ma c'è tutto il tempo per prepararsi al rush finale.

10 dicembre 2009
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