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Vancouver 2010 - Olimpiadi invernali

 
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Addio Vancouver. L'Italia cerca i Razzi del futuro

di Luca Re

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1 marzo 2010
Addio Vancouver. L'Italia cerca i Razzi del futuro (AP)

Teniamocela stretta questa medaglia d'oro di Giuliano Razzoli nello slalom. Così è un po' più grande la foglia di fico che salva gli attributi della spedizione azzurra a Vancouver. Da Giorgio Di Centa non è arrivato l'ultimo acuto nella maratona del fondo (50 km a tecnica classica), come a Torino 2006: soltanto 11esimo il nostro vecchietto, 37 anni e troppa stanchezza per stare in scia al norvegese Petter Northug. L'Olimpiade si chiude con uno dei medaglieri peggiori di sempre per l'Italia, cinque medaglie di cui una sola del metallo più prezioso, un argento e tre bronzi. Avremmo raddoppiato il bottino se avessimo rinunciato a collezionare ciocchi di legno (quarti per cinque volte), buoni per il caminetto ma non per le ambizioni della vigilia.

Il Razzo ha salvato l'onore dello sci alpino, che già vedeva uno zero come quattro anni fa. Gli uomini erano senza medaglie dall'argento di Alberto Tomba a Lillehammer '94; l'oro mancava da Albertville ‘92 (Tomba e Josef Polig). Abbiamo eguagliato l'altro medagliere canadese di Calgary '88, anche se lì ci fu un oro in più e un bronzo in meno. Dopo cinque edizioni tutte a doppia cifra e il record di Lillehammer con venti podi, gli azzurri sono scivolati parecchio indietro. Già si pensa a Sochi 2014 e come rinnovare le squadre. Intanto Razzoli ha mostrato che il Tortellino può battere il Canederlo, l'Appennino le Dolomiti. Proprio come Tomba, anche se il suo è un mito inarrivabile. Manfred Moelgg, settimo nello slalom ad oltre un secondo dal nuovo eroe di squadra, tornerà in pista con tanta umiltà e le orecchie basse.

Nello sci alpino abbiamo avuto anche tanta sfortuna. Werner Heel e Johanna Schnarf hanno mancato il terzo posto in superG per una spolverata di centesimi. Per il resto solo piazzamenti lontani dal valore dimostrato dagli atleti in Coppa del mondo: la squadra femminile del gigante è tra le più forti della piazza ma qui si è sfaldata. Analogo discorso per quella maschile dove Max Blardone ha offerto il solito capolavoro a metà (una manche ottima e un'altra pessima), toppando di nuovo l'appuntamento con la gloria. Allora sono state le Olimpiadi dei campioni veri, di Cocco Miller e Mazinga Svindal con tre medaglie a testa, una per colore, delle americane pindariche, Lindsey Vonn e Julia Mancuso, sorpassate però dalla teutonica Maria Riesch, più concreta e perciò capace di conquistare due ori.

Siamo in buona compagnia nel reparto dei rammaricati: c'è il Canada senza medaglie nello sci alpino, però ampiamente compensate dal primato generale con tredici ori. C'è l'Austria in subbuglio nazionale senza uno straccio di podio per i maschi; meno male che le donne hanno racimolato due bronzi con la Goergl e un oro con la Fischbacher. Adesso bisogna rimboccarsi le maniche. Nello sci alpino e nelle altre discipline. Il fondo ha bisogno di nuove leve. La staffetta maschile era la più vecchia dell'Olimpiade. Non si può continuare a puntare sulla gerontocrazia: anche un re indiscusso come Zoeggeler vorrà mettersi le pantofole. Purtroppo a Vancouver hanno ceduto pure i campioni più giovani, soprattutto Fabris, che sembrava trainare una slitta piuttosto che pattinare per la velocità. La Kostner era più col sedere per terra che a piroettare.

Insomma, se non è flop assoluto, poco ci manca. È apparso Razzoli ma il miracolo non basta. Un'Olimpiade mediocre, da cinque e mezzo, ha sentenziato Petrucci. Un bel mix di delusioni, bis mancati, campioni in affanno, promesse rimangiate, vecchietti spompati. Per Sochi 2014 urge una cura a 360 gradi, coinvolgendo le federazioni, gli atleti, gli allenatori. Forse ci manca una generazione di giovani pronti ad emergere, soprattutto nel fondo. Forse abbiamo sparato troppi petardi nei barattoli, senza pensare alla coreografia complessiva. La ricetta del futuro punterà sulle Olimpiadi e sui Mondiali prima di tutto e sulle Coppe del mondo in seconda battuta. Speriamo allora di trovare tanti altri Razzi.

Esplode la festa in Canada per la vittoria contro gli Usa dell'hockey
FOTO / La cerimonia di chiusura di Vancouver 2010

1 marzo 2010
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