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2 novembre 2006 |
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Banda larga, escluso un italiano su diecidi Carmine Fotina |
Su dieci Comuni italiani, almeno cinque sono fermi all'anno zero delle telecomunicazioni. Tagliati fuori dalla rete digitale della banda larga. Oltre sei milioni di abitanti, più del 10% della popolazione, vivono in cittadine o piccoli centri dove il servizio Adsl non arriva, perché la rete e le centrali non sono ancora state adeguate. Cittadini svantaggiati rispetto a chi vive in tutte le altre aree del Paese, dove invece le imprese accedono ad applicazioni evolute per far crescere gli affari, la pubblica amministrazione può offrire servizi di e-government, nasce la telemedicina, arriva la tv via internet, i navigatori più assidui fanno acquisti online, scaricano musica e film ad alta velocità. È un'Italia spaccata in due quella che, impietosamente, fotografano le classifiche internazionali e le relazioni allarmate della Ue. Con 7,9 milioni di abbonati a internet in banda larga, la diffusione si ferma al 13,4% degli abitanti, al di sotto della media Ue e decisamente lontano dalla Gran Bretagna, dai Paesi scandinavi, dalla Francia e la Germania dove si supera il 18%. Nell'ultima graduatoria dei Paesi Ocse siamo addirittura scivolati al diciannovesimo posto, scavalcati anche dalla Spagna. Un problema di mercato, ma soprattutto un limite naturale dovuto alla nostra rete telefonica. Anche il commissario europeo alla Società dell'informazione Viviane Reding, in un'audizione al Senato, ha sollecitato all'Italia una rapida svolta: «La copertura della banda larga è molto più bassa della media Ue e inadeguata per lo sviluppo di applicazioni avanzate. Per di più con forti squilibri, visto che la copertura nelle zone rurali (44% degli abitanti, ndr) è nettamente inferiore alla media delle aree urbane (66%)».
Dopo la Reding, è toccato al presidente dell'Autorità tlc Corrado Calabrò, sempre al Senato, parlare di grave ritardo strutturale, «nonostante veniamo da due anni di crescita sostenuta, al di sopra degli altri Paesi europei». Calabrò cita a suo merito la discesa dei prezzi, ma le dinamiche regolamentari hanno mostrato in realtà che, vincendo la resistenza di operatori e provider, si sarebbero potuti ottenere tagli più netti per allinearci ad esempio alle meno costose offerte francesi. Nella storia di questo profondo gap tecnologico di errori e valutazioni miopi ce ne sono stati tanti, da più parti. Il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, anche dopo il monito della Reding, ha capito che non c'è solo la tv nelle sue priorità e ha annunciato per la prossima settimana un decreto interministeriale con Linda Lanzillotta (Affari regionali) e Luigi Nicolais (Innovazione nella P.a.) per dare finalmente una regia unica alle decine di iniziative spuntate nelle Regioni, nelle Province e nei piccoli Comuni per risolvere la cronica assenza di banda larga, anche con sistemi alternativi come il wireless e il satellite.
L'incognita Infratel
In realtà un grande regista già c'è, ma annaspa a caccia di risorse e finora ha tappato solo piccoli buchi. Si chiama Infratel, società di scopo creata dal ministero delle Comunicazioni alla fine del 2003 e controllata da Sviluppo Italia, e ha il compito di scavare e portare infrastrutture in fibra ottica nelle zone del Paese ancora scoperte, dove Telecom Italia non trova redditizio investire e adeguare le centrali alla tecnologia Adsl. Sulla sua missione, anche all'interno del ministero, qualche dubbio è iniziato a spuntare. Finora, nonostante il digital divide sia una questione nazionale che va da Rovigo ad Oristano, la società di Sviluppo Italia ha concentrato la sua attività solo nelle regioni meridionali. Inoltre, i suoi nobili obiettivi resteranno su carta se non arriveranno risorse fresche. Il direttore generale Luciano Frascà rivendica però i primi risultati ottenuti: «Abbiamo aggiudicato lotti per i lavori in sette regioni del Sud per un valore di 121 milioni. A fine 2007 raggiungeremo 167 tra Comuni e piccole frazioni, per un totale di 900mila nuovi utenti potenziali. Poi, se saranno confermati i fondi inseriti in Finanziaria e saranno liberate le frequenze per il servizio wimax, potremo bandire le gare per i collegamenti senza cavo e aumentare ancora la copertura». Solo in una seconda fase Infratel si occuperà anche delle regioni del Nord ma Frascà, da manager navigato del settore, non nasconde l'esistenza di una grande questione nazionale: «Telecom sottolinea che la sua copertura dell'Adsl, pari all'87% della popolazione, è già un dato molto elevato. Ma il problema è lo squilibrio tra piccoli Comuni: quei 5.000 che non hanno la banda larga sono relegati ai margini». Il decreto allo studio di Gentiloni riproporrà obiettivi ambiziosi - coprire il 100% del Mezzogiorno e il 60% del Paese entro il 2009 - ma dovrà fare i conti con le esigenze di cassa. Secondo gli esperti per abbattere del tutto il digital divide è necessario un piano da 900 milioni , ma per Infratel ci sono solo le risorse Cipe che ammontano a 270 milioni (di cui peraltro 175 non ancora allocati) più 90 milioni frutto della compartecipazione delle Regioni e 30 milioni appesi all'approvazione della Finanziaria.
Il ruolo di Telecom
Telecom già progetta una rete di nuova generazione, in cui la fibra ottica sarà più estesa rispetto al vecchio rame, ma intanto deve fare i conti con le proteste di tanti piccoli Comuni dove non ha investito e che sono ancora intrappolati nella vecchia rete analogica. I dati di istituzioni come la Ue e la Ocse ci piazzano agli ultimi posti ma Riccardo Perissich, responsabile relazioni istituzionali del gruppo, propone una diversa lettura che vede l'Italia tra le nazioni di testa per numero di connessioni in rapporto alle linee telefoniche oppure al numero di famiglie con pc. Interpretazioni, che non cancellano però il problema. «Con il passaggio dal monopolio alla privatizzazione delle tlc - dice François de Brabant, responsabile dell'Osservatorio banda larga della società Between - il modello di business è cambiato. Gli investimenti devono avere ritorni più veloci, che in determinate aree del Paese non possono essere garantiti. In più l'Italia ha maggiori difficoltà a causa dell'orografia e del suo territorio: basti pensare che ad essere più indietro di tutte, contrariamente a quanto si può pensare, è una regione sviluppata come il Piemonte».
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