Il Sole 24 Ore
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La pubblicità sul Web in Italia? Persi sei anni

di Gianni Rusconi

Google in Inghilterra ha battuto la televisione nella raccolta pubblicitaria e il nuovo motto dei responsabili di marketing per lanciare nuovi prodotti potrebbe assumere queste proporzioni: facciamola (la pubblicità) sul Web. Il tema dell’advertising on line è sempre di moda e l’edizione on line del Sole24ore ne ha parlato con Paolo Vanossi, Managing Director di Trade Doubler Italia, la filiale della società svedese (46 milioni di euro di ricavi nell’ultimo trimestre fiscale) che opera da protagonista in questo settore con un portfolio di strumenti di web marketing che comprende programmi di affiliazione destinati agli editori on line (AddTool), soluzioni per l’ottimizzazione di campagne o di partnership a lungo termine (Media Toolbox), sistemi di pay per click e pay per lead e l’innovativo pay per call.

Google, nel Regno Unito, ha rubato lo scettro alla Tv per la raccolta pubblicitaria: che significato può avere questa notizia?
Il Web non può più essere relegato in un angolo, non è più un media frammentato ed è naturale che vada ad assorbire sempre più investimenti; le aziende devono seguire i trend di consumo e sono consapevoli che in Rete ci devono essere. E inoltre un dato di fatto che i centri media stanno lasciandosi alle spalle un approccio conservativo nei confronti del mezzo: alle competenze focalizzate su Tv e carta stampata si stanno aggiungendo quelle relative al Web. è in corso un forte processo di evoluzione culturale per tutti i mezzi di comunicazione di massa.

Quanto vale l’ad on line in Italia oggi rispetto ai tempi del boom della net economy?
Siamo nell’ordine dei 210 milioni di euro, pari a circa l’1,5% del volume totale della raccolta pubblicitaria. Cifre lontane da quelle sviluppate negli Usa e anche nel Regno Unito, che arriva a superare un business da oltre 2 miliardi di sterline. Nell’ambiente c’è un giustificato ottimismo per il futuro ma nel 2000 il mercato della pubblicità on line arrivava già a sfiorare i 200 milioni di euro. Ora si parla di tassi di crescita del 50%, speriamo siano realistici.

Fra gli ostacoli intervenuti alla crescita della domanda c’è anche quello dei costi degli strumenti di Web advertising?
Il fattore prezzo è stato ed è secondario. Crescendo il volume degli investimenti on lien cresceranno anche i costi ed è naturale che questo avvenga. Piuttosto è mancata la consapevolezza che il Web, a differenza di Tv e stampa, permette di misurare efficacemente i risultati di una campagna pubblicitaria.

Di chi è stata la “colpa”?
Di tutti: centri media, aziende e operatori del settore. Vi è stata una paura generalizzata dei nuovi strumenti, anche dei top spender in materia di pubblicità. Evitare possibili rischi è ancora un fattore importante ma è indubbio che le multinazionali sono un driver di sviluppo fondamentale, perché l’emulazione dei competitor a livello internazionali genera nuovi investimenti.

Solo le aziende attive nell’e-commerce, come le varie Monclick, eBay, Gruppo La Perla, Yoox, Lastminute, sono concretamente impegnate nell’advertising on line?
No, possiamo affermare che l’atteggiamento conservativo di tutte le aziende, anche quelle tradizionali, sta venendo meno, anche in termini di valori investiti. Pensiamo a Costa Crociere: non vende direttamente on line, almeno in Italkia, ma spende cifre consistenti per sfruttare Internet per campagne pubblicitarie e di marketing

Quali strumenti/servizi possono essere più idonei alle Pmi italiane?
Dipende dagli obiettivi aziendali e vanno comunque proposti in una logica che premi i ritorni dell’investimento, equilibrando il mix dei servizi da utilizzare. Se si punta alla brand awarness o all’acquisizione di nuovi lead occorre valutare strumenti di pay per click o pay per lead adatti a generare un traffico qualificato, se la finalità è strettamente di business di vendita vanno considerati altre soluzioni, di performance. Trade Doubler oggi propone in quest’ottica uno strumento per la gestione delle campagne, il pay per call, che diversamente dagli altri rappresenta il trait d’union tra on e off line in una prospettiva di lungo termine e va a produrre direttamente risultati di business per il cliente: questo paga, di fatto, la chiamata che riceve tramite il call center e non ha la necessità di garantire costantemente la propria presenza concreta su Internet, fra sito, vetrina di e-commerce e via dicendo). Il Web diventa così un semplice canale di promozione e il pay per call va inteso come una soluzione commisurata alle aspettative di ritorno delle piccole e medie aziende che non hanno presenza on line e non possono gestire grossi budget pubblicitari.

Veniamo infine al vostro business: nel terzo trimestre 2006 la crescita di fatturato è stata del 54% a livello globale: in Italia sono questi i trend di sviluppo?
Posso solo dire che il Resto dell’Europa, e l’Italia è fra questi Paesi, presenta i trend di crescita più importanti.