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Clima: 7 mosse per frenare il riscaldamento globale

di Marco Magrini

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31 maggio 2207

Il numero tutto verde di Nòva del 31 maggio


«Il dibattito è chiuso», sentenzia Achim Steiner, il tedesco alla guida dell'Unep, il programma ambientale dell'Onu. «Gli scienziati dell'Ipcc, con il rapporto pubblicato quest'anno, hanno tolto ogni dubbio: il genere umano è responsabile del riscaldamento planetario».

Sarà per il tam-tam mediatico dell'Ipcc, sarà per un inverno che è stato anomalo a tutte le latitudini, fatto sta che il 2007 si può già iscrivere come l'anno in cui il mondo ha cominciato a fare i conti con l'energia fossile, consumata dalla Rivoluzione industriale a oggi. L'anno in cui il cambiamento climatico è entrato nel dibattito politico dei governi democratici, è apparso nelle pagine dei giornali di pettegolezzi (ma è addirittura dilagato in quelle di "Nature" e "Science") e ha debuttato nei modelli di business di tutte le più grandi multinazionali.

Il dibattito, dunque, è aperto. Martedì prossimo, le Nazioni Unite celebrano il Giorno mondiale dell'ambiente, dedicato ai ghiacciai che si stanno sciogliendo. E mercoledì, in Germania, si apre il vertice G8 che - nelle ambizioni del cancelliere Angela Merkel - dovrebbe chiudersi con un documento nel quale i Grandi si impegnano a tagliare vigorosamente le rispettive emissioni-serra. Alla fine della settimana, i ghiacciai si staranno ancora sciogliendo e quel documento (a giudicare dall'irremovibile posizione americana) o verrà annacquato, o non sarà neppure firmato.

Ormai, per aprire un vero dibattito, più che le parole ci vogliono i fatti.
A voler essere molto, molto sintetici, il rapporto Ipcc dice tre cose: che l'umanità è co-responsabile del riscaldamento planetario; che se gli esseri umani lasciano le cose come stanno metteranno a rischio la loro stessa sopravvivenza; che tutti quanti, politici ed elettori, possono cambiare il futuro, con un ventaglio di piccoli e grandi sacrifici. L'accento insomma, non è sulla CO2 o sui raggi del Sole. Ma sull'Uomo.
In questo «Numero Verde», Nòva ha cercato di sintetizzare il vasto raggio delle azioni su cui "dibattere".

Il nostro numero verde è il 7.
Sette grandi ambiti di una Rivoluzione Post-Industriale, che comincia oggi e coprirà l'arco di questo secolo. Anzi, che è già cominciata.

1) I grandi fondi di venture capital hanno voltato lo sguardo verso le startup che producono rinnovabili e, nei laboratori di ricerca, i temi più caldi sono l'energia pulita e il controllo dell'anidride carbonica.

2) I sindaci delle 30 più grandi metropoli del mondo si sono riuniti a New York, promettendo di ripensare le città, al solo fine di abbassare le emissioni-serra.

3)
In America, il Paese che ha azzoppato il Protocollo di Kyoto, dieci Stati e decine di città stanno adottando leggi per il controllo della CO2, mentre le grandi corporation chiedono al presidente Bush di adottare un sistema cap and trade: tetti alle emissioni, con un meccanismo di mercato dove si paga per inquinare e si guadagna nel fare l'esatto contrario.

4)
Le grandi città europee hanno predisposto un network per informare e proteggere i cittadini anziani, capace di lanciare in anticipo l'allarme per la prossima ondata di caldo e adattarsi così al cambiamento climatico.

5)
Ora che l'Europa chiede alle industrie di non produrre auto che emettano più di 130 grammi di CO2 a chilometro, gli automobilisti - prima di mettere mano al portafoglio - guardano alla cilindrata, al prezzo, ma anche all'anidride carbonica.

6)
Le aziende che hanno cominciato per tempo a pensare al rapporto fra consumi di energia e gas-serra (in Italia c'è il caso di StMicroelectronics), hanno scoperto che si risparmia. E ci si sente meglio.

7)
Nei giovani che sono nati in un mondo reso piccolissimo dal boom dei trasporti e dalle comunicazioni, c'è il seme di una nuova mentalità globale. Ai loro occhi, i confini disegnati dai loro antenati paiono sempre più tenui. C'è bisogno di occhi così, per vedere che la nazioni sono tante. Ma che di atmosfera ce n'è una sola.

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