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E-commerce italiano, avanti adagio con brio

di Pino Fondati

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19 giugno

Il testo del rapporto

«Agli italiani manca il clic culturale». Così Roberto Liscia, Presidente di Netcomm, Consorzio del commercio elettronico italiano, fotografa la situazione dell'e-commerce in Italia: pur crescendo a due cifre, stenta a diventare un fenomeno di massa a causa di remore culturali molto forti.

Remore che riguardano anche le aziende del made in Italy che di fatto relegano a un ruolo marginale una modalità che potrebbe portarle più facilmente in giro per il mondo. Questa avversione è sempre meno giustificata, visto che i dati sulle frodi dimostrano che è praticamente irrilevante la quota del disconoscimento delle transazioni online da parte dei clienti. Tutto questo, e molto altro, si legge nel rapporto annuale curato da Netcomm e dalla School of management del Politecnico di Milano, con il contributo di CartaSi, eBay e PayPal, presentato oggi all'Italian e-Commerce Forum in corso a Milano.

Nel 2007, l´e-commerce italiano supererà i 5 miliardi di euro, con una crescita del 30% rispetto al 2006. Per la prima volta, dopo 7 anni, la crescita è inferiore al 40 per cento. Buona la crescita dell´export che aumenta del 22% arrivando a quota 900 milioni di euro, un´occasione però ancora poco sfruttata dal made in Italy. In tal senso, Netcomm ha presentato un position paper al Governo italiano per auspicare un maggiore impegno e valorizzare le opportunità ancora non sfruttate che questo mercato offre ai cittadini e allo stesso sistema paese per aumentare il tasso di competitività dell'Italia sui mercati internazionali.

Il gap con l'estero. Il confronto con altri paesi è inclemente, sia in termini di valore assoluto dell´e-commerce (l´Italia è un decimo della Gran Bretagna e un terzo della Francia) che in termini di penetrazione dell´e-commerce sul totale delle vendite ai consumatori finali (0,6% in Italia contro valori che vanno dall´1,5 al 5% negli altri paesi).

L´Italia ha più o meno lo stesso numero di navigatori internet della Francia, ma la metà di acquirenti online, i quali su base annua comprano molto meno. Liscia ipotizza che il gap possa essere dovuto principalmente alla carenza di offerta online in Italia in molti settori, soprattutto quelli che propongono prodotti fisici, come abbigliamento, arredamento, alimentari, e altro ancora.

Un confronto con l´estero evidenzia chiaramente che in tutti gli altri paesi nel paniere dell´e-commerce i prodotti fisici pesano più della metà, grazie soprattutto ad abbigliamento, prodotti per la casa e grocery, ciascuno intorno al 10 per cento. In Italia queste categorie merceologiche pesano in tutto meno del 5 per cento.
Italia, ricavi bassi

Liscia sottolinea come la crescita non ci avvicini ancora agli altri paesi europei. I motivi sono diversi. Per quel che riguarda l´offerta, le aziende italiane investono ancora poco nell'e-commerce, considerando che il 50% del fatturato è sviluppato dalle dot-com, iniziative imprenditoriali nate per operare esclusivamente sul Web. Le resistenze sono legate spesso al timore di "cannibalizzare" le reti tradizionali. Le vendite all´estero online crescono ancora (circa il 17% del totale) ma sono concentrate nel turismo e, in misura minore, nel settore dell´abbigliamento.
Turismo in pole position. A trainare il mercato nel 2007 è ancora il turismo che cresce con un tasso superiore alla media, seguito da informatica ed elettronica di consumo e assicurazioni. Bene anche il comparto dell´abbigliamento dove vi sono alcune interessanti novità: iniziative nuove e l´ingresso ormai imminente di alcune grandi griffe. I dati danno ragione a Liscia: in Italia manca l´offerta di alcune merceologie di prodotto. Lo dimostra anche il fatto che tra le top 20 (che detengono il 77% del mercato), 18 aziende vendono servizi e solo 2 merci. Sono sempre gli stessi a rappresentare una quota significativa del mercato, e sono veramente pochi i nuovi ingressi di una certa autorevolezza. La grande distribuzione continua ad essere poco presente.

Frodi in diminuzione. Le frodi online rappresentano lo 0,2% del fatturato, in calo rispetto alla quota (già marginale) dello 0,5% dello scorso anno. Il 70% degli acquisti avviene oggi con carta di credito, addirittura il 97% nel settore turistico. Questo dimostra che chi abitudinariamente fa acquisti online si fida sempre di più del mezzo, come dimostra l´aumento del valore dello scontrino medio. Però, esiste ancora uno zoccolo duro e piuttosto vasto di italiani che non ha mai fatto un acquisto online. Alla base le solite paure, nonostante il fatto che il rischio della transazione non andata a buon fine gravi solo sul venditore.

L´infocommerce, la sana abitudine di informarsi navigando sulla rete prima di un acquisto, è diventata la regola per gran parte degli internauti; peccato che poi l'acquisto avvenga il più delle volte in modalità offline. Il problema della mancanza di fiducia nei sistemi di pagamento online è fenomeno solo italiano. Qui, l'analisi di Liscia si fa piuttosto dura. Nel caso di acquisti sui principali siti di commercio elettronico è pressoché impossibile che il numero della carta di credito possa essere visto da terzi e quindi rubato. Gli italiani sono disponibili a rilasciare i propri dati a chiunque (al telefono, ai negozi, al ristorante,..), ma ancora non sono disposti a inserire il codice nell´unico luogo dove gli estensori del rapporto ritengono non possa essere visto né copiato: internet.

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