Dalla Ibm alla Hp sulla scia di linux

di Antonio Dini

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1 ottobre 2007


Il software "libero e gratuito" alla conquista del mondo. Molte pubbliche amministrazioni statunitensi ed europee, compresi alcuni Comuni italiani, hanno da tempo deciso di tagliare le spese di acquisto del software a favore dei programmi "aperti", cioè gratuiti e garantiti dal lavoro collaborativo attraverso Internet di migliaia di volontari di tutto il mondo. Lo stesso sta accadendo a imprese grandi e piccole nonché ai privati, anche se la transizione verso il "nuovo mondo" del software open va progettata con attenzione. La rivoluzione, propiziata da Internet, che permette agli utenti di utilizzare i software nella maggior parte dei casi gratuiti senza i costi dei canali convenzionali di distribuzione, è un fenomeno che ha assunto dimensioni globali.

Il primo fra i software di questo tipo a raggiungere la notorietà e a far nascere il "movimento" internazionale del software gratis è stato Linux, il sistema operativo realizzato dal programmatore finlandese Linus Torvalds con l'aiuto di migliaia di programmatori di tutto il mondo. Era il 1992 e da allora Linux è diventato un sistema operativo potente e versatile: utilizzato da molte società per abbattere il costo di gestione dei computer di rete, i server, riceve finanziamenti anche da parte di colossi come Ibm, che ha speso cinque miliardi di dollari per la Fondazione Eclipse incaricata di aiutarne lo sviluppo, o da giganti come Hp, tra le prime tre aziende per la vendita di pc al mondo. Le informazioni su Linux (compreso modalità per scaricarlo e provarlo) si trovano su www.linux.it.

Dietro al software "libero" e spesso gratuito c'è un'idea di uguaglianza nell'accesso alle tecnologie portata avanti da alcuni scienziati informatici. Soprattutto da Richard Stallman, docente al Mit di Boston di 54 anni, il quale ritiene che il software dovrebbe essere realizzato gratuitamente dalla comunità di programmatori e da tutti utilizzabile e modificabile. Il suo progetto, chiamato Gnu, ha come fine proprio quello di consentire a chi ha acquistato un computer (personal o server) di trovare tutti i software necessari a utilizzarlo in rete, dal sistema operativo sino agli applicativi come OpenOffice (che sostituisce la suite Office di Microsoft). L'idea di Stallman e di molti altri è che poi i programmatori possano guadagnare tramite l'assistenza per l'installazione o il mantenimento dei servizi.

Il risultato, dopo oltre un ventennio di braccio di ferro con i "grandi" dell'informatica, è stato duplice: da un lato la qualità del software gratuito è migliorata grazie all'aiuto di alcune società produttrici, come Ibm, Hewlett-Packard, Sun Microsystems, che "defezionavano" dalle file del software convenzionale venduto dai grandi per andare da quelli del software aperto; dall'altro alcune società, capeggiate da Microsoft, hanno rifiutato categoricamente di scendere a patti con chi vuole il software "aperto", interoperabile e il più possibile gratuito. Proprio Microsoft, che è diventata un gigante intuendo negli anni 70 prima di tutti gli altri che il valore economico nel mercato dell'informatica non era nella produzione dei computer ma dei programmi necessari al loro funzionamento, adesso deve fare i conti con chi invece il software lo regala.
Sulla motivazione per la quale i talenti dell'informatica vogliano collaborare gratuitamente allo sviluppo di software sono stati versati fiumi di inchiostro. Quale che sia, il sistema funziona, è stato abbracciato da aziende multinazionali e i risultati sono di prima qualità.

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