«La gente non sa quali pericoli si corrono. Con le truffe on-line, negli Stati Uniti, sono stati sottratti agli utenti 441 miliardi di dollari. È quasi quanto il governo americano ha speso per la guerra in Iraq» (452 miliardi secondo le stime di nationalpriorities.org). A lanciare l'allarme sicurezza sul web è David Perry, global director of Education di Trend Micro, colosso mondiale degli antivirus e uno dei massimi esperti mondiali di sicurezza online.
Qual è la principale minaccia a cui devono fare fronte i navigatori?
«Sicuramente le Botnet (letteralmente reti di bot). Chi diffonde i virus bot può controllare totalmente migliaia di computer ed utilizzarli per diffondere spam, malaware, rubare codici di carte di credito o fare spionaggio industriale. Avere il controllo su queste reti è un business molto redditizio perché consente di commettere reati usando complici inconsapevoli. Il fenomeno è più preoccupante di quanto si pensi: il 7% dei computer al mondo fa parte di una botnet e nel 40% c'è un bot dormiente».
In che modo si può essere infettati?
«Sono moltissimi i canali. Il più banale è la posta elettronica. Ma ci sono anche i programmi di chat come Microsoft Messenger o Skype. Il rischio maggiore però lo si corre semplicemente aprendo una pagina web. Secondo i nostri calcoli un sito su dieci è potenzialmente pericoloso».
È sicuro fare acquisti online con la carta di credito?
«Se non si sa a cosa si va incontro, forse è meglio non usarla. Non voglio spaventare la gente ma bisogna rendersi conto che oggi il crimine passa per il web. L'unico modo per essere sicuri è conoscere i rischi che si corrono e dotarsi di un buon antivirus».
Recenti notizie parlano di attacchi da parte di hacker cinesi ai computer del Pentagono della Presidenza francese e del Governo tedesco. Gli eserciti del futuro si contenderanno gli hacker per fare la guerra informatica?
«A mio parere ci sono già reparti dedicati a questo tipo, anche se ovviamente nessuno lo dice. Il amico Richard Clarke, che lavora al Dipartimento di Stato Americano è convinto che nel futuro ci sarà una «Pearl Harbour digitale». È inevitabile che sia così, dal momento che tutto è sotto il controllo dei computer».
Da tempo gira la leggenda che a creare i virus siano le stesse case produttrici di antivirus. Cosa ne pensa?
«È una storiella che si sente da tanto, ma è assolutamente priva di fondamento. È vero, chi lavora per aziende come la nostra, deve avere più o meno le stesse competenze di un hacker. Ma è molto, molto più complesso sviluppare un programma che blocchi i virus piuttosto che uno che li diffonda. È anche assurdo pensare che noi possiamo assumere degli hacker. Non ce lo potremmo permettere. Abbiamo clienti come l'esercito degli Stati Uniti, la casa Reale d'Inghilterra. Sarebbe autolesionista portarci il nemico in casa».
Il profilo dei primi pirati della rete era quello di adolescenti cresciuti a pane e computer che si divertivano a bucare le reti informatiche del governo americano. È ancora così?
«I primi hacker erano effettivamente dei giovani «nerd». Il problema è che hanno aperto la strada a una nuova generazione di criminali che non devono avere necessariamente le competenze da programmatore. Con 200 dollari si possono comprare ondine veri e propri kit per l'attacco informatico. L'anno scorso, negli Stati Uniti 15 milioni di persone si sono visti sottrarre dati sensibili, come il numero della carta di credito. Sono tre volte tanto che nel 2005».