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Pagamenti elettronici: adesso il denaro è «mobile»

di Luca Tremolada

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22 NOVEMBRE 2007
Il blog di Nòva100

Il modo più ragionevole di usare il denaro è disfarsene. Se questo è vero, perché non andare oltre, perché quindi non farlo sparire? Non è una metafora utopistica di altri tempi, ma una concreta possibilità che si potrebbe affacciare non più tardi di uno-due anni. Quello che però rischia di estinguersi non è il denaro come promessa, come misura della ricchezza, bensì il vile contante.
Senza essere troppo definitivi, si può tranquillamente affermare che mai come in questo scorcio di secolo la tecnologia è arrivata così vicina a spezzare definitivamente il legame tra materia e denaro. Non stiamo parlando solo della cosiddetta moneta sonante, ma anche delle banconote di piccolo calibro di quelle, per intenderci, per le piccole spese.
A piangere la fine del denaro materiale non sarebbero poi in molti, se non i nostalgici del soldo. Semplicemente perché il denaro contante costa. L'Abi, l'associazione bancaria italiana, ha calcolato che contare il denaro contante costerebbe circa 10 miliardi. E il dato pur comprendendo tutti i costi relativi al trasporto valori, alla sicurezza e alle assicurazioni, più le spese interne sostenute dalle banche, è per difetto perché non contempla la pubblica amministrazione.
Ma il candidato più credibile a segnare un punto di svolta in tremila anni di storia del denaro è la tecnologia. In passato ci avevano provato la plastica, la banda magnetica e i chip. Ma carta di credito, bancomat e prepagate non hanno scalfito più di tanto le monetine. Negli ultimi 30 anni (il bancomat è nato poco prima degli anni '70) la diffusione della moneta di plastica è stata straordinaria, ma non tale da incidere sul circolante. Se entrasse in scena il cellulare, il discorso potrebbe cambiare e la moneta potrebbe realmente virtualizzarsi. A crederci sono in molti. E come spesso accade in ambito tecnologico, i segnali di profondi cambiamenti sono caotici, sparsi e spesso contradditori.
Di solito, ma non sempre, si parte appunto dalla tecnologia. La sigla che potrebbe dare il colpo di grazia alle monetine è Nfc (Near field communication). Se ne parla già da qualche anno. Si tratta di una tecnologia di comunicazione a corto raggio (pochi centimetri), che consente di mettere in comunicazione dispositivi, ad esempio telefoni cellulari, con una connettività wireless Rfid operante a 13,56 Mhz, capace di trasferire dati fino a 424 Kbit al secondo. Applicata ai cellulari li trasforma in una sorta di carta di credito virtuale, i pagamenti avvengo su Pos dotati di lettori Nfc oppure possono avvenire peer-to-peer tra due telefoni. Inoltre, il cellulare può essere usato anche come strumento di ticketing per mezzi pubblici o per l'accesso a luoghi che richiedono un ticket. «Ciò che è cambiato – spiega Mario Di Floriano, amministratore delegato di Eximia, società specializzata in tecnologie Rfid – è la possibilità di installare applicazioni Rfid sulla Sim. Prima l'Nfc stava solo sul corpo del cellulare. Entrando nel cuore del cellulare, diventa attraente non solo per gli operatori mobili tradizionali, ma anche per operatori virtuali mobili come supermercati, grande distribuzione e banche».
Le Poste italiane, già operatore virtuale con Vodafone, la prossima settimana annuncerà servizi innovativi legati al pagamento mobile. Sulla base di quanto è filtrato, dal cellulare attraverso sms si potranno concludere operazioni di pagamento. Sotto il profilo regolamentare entro il primo novembre 2009 gli Stati europei dovranno avere recepito la nuova direttiva sui servizi di pagamento approvata lo scorso mese di marzo dal Consiglio Ue. Il che sgombrerà il campo da vincoli nazionali e posizioni di rendita.
Allargando lo sguardo ai produttori di cellulari, Nokia da tempo ha inserito chip Rfid nei telefonini e sta già sperimentando soluzioni Nfc integrate capaci di collegarsi a internet per chiedere informazioni, connettersi a lettori mobili e alla propria banca per il pagamento. Anche Sony alcuni giorni fa ha annunciato di voler creare chip per verifiche di sicurezza a distanza.
La società creata si chiama Moversa e realizzerà sistemi Rfid da inserire nei telefoni cellulari, da commercializzare a partire dal primo trimestre del 2009. Sul fronte operatori in Italia qualcuno già si sbilancia indicando la prima metà del 2008, per il via libera alle sperimentazioni. Ma il resto del mondo sta già bruciando le tappe. Nei prossimi mesi, dodici operatori mondiali in Australia, Francia, Irlanda, Corea, Malaysia, Norvegia, Filippine, Singapore, Taiwan, Turchia e Stati Uniti lanceranno sistemi di pagamento mobile senza contatto con tecnologia Nfc.
«Prima del cellulare-portafoglio – aggiunge Di Floriano – vedremo anche sul mercato italiano le carte contactless, carte di credito con incorporato un chip Rfid».
A crederci è il mondo del credito, o meglio i colossi Mastercard e Visa.
Mastercard ha rilasciato milioni di carte PayPass. Anche Visa e American Express hanno un servizio di questo tipo per le piccole spese quotidiane. Sotto 25-30 dollari non c'è bisogno di autorizzazione. Il che rende più veloci le operazioni di pagamento. C'è anche chi sta sperimentando sistemi peer-to-peer. Cellulari per scambiarsi denaro. Caisse d'Erpagne ha una sperimentazione in questo senso, Luup utilizza PayPal Mobile per il traferimento di fondi tra utenti. Secondo Forrester però, che ha studiato questo mercato, il processo di autorizzazione risulta ancora troppo macchinoso. Probabilmente alcuni di questi esperimenti falliranno. Ma l'innovazione passa anche di lì. E se il p2p mobile trovasse un modo per disintermediare le banche, potrebbe nascere una nuova moneta di scambio. Completamente virtuale e trasferibile. Come la fiducia, ad esempio.

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