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Piattaforme tv dell'epoca dei contenuti

di Luca De Biase

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29 novembre 2007


Con l'imminente arrivo anche in Italia dell'Iptv di Tiscali, continua la moltiplicazione delle piattaforme di distribuzione di contenuti televisivi. E il sistema di misurazione dell'audience viene ancor più messo sotto stress. Le conseguenze non mancano.

La tv di Tiscali sfrutta naturalmente le connessioni a larga banda dell'azienda sarda. È pensata un po' come un sistema di fidelizzazione dei clienti e un po' come un motivo in più per abbonarsi. Ma indubbiamente la sua specificità è nel software per "navigare" tra i programmi che, come osserva Mario Mariani, amministratore delegato della Tiscali Italia, propone una significativa innovazione nella relazione tra gli spettatori e il tempo dello spettacolo. In effetti, i programmi sono registrati da Tiscali e si possono vedere quando vuole lo spettatore. Ma non c'è soltanto una libreria di programmi tra i quali scegliere. Il palinsesto tradizionale che si impone al tempo dello spettatore è sostituito da un insieme di palinsesti organizzati in base agli interessi e ai gusti del pubblico. Oppure a palinsesti definiti dagli spettatori. Il tempo della televisione è sostituito dal tempo del pubblico.

Questa innovazione, naturalmente, si va ad aggiungere a un insieme di novità che negli ultimi anni hanno cambiato radicalmente l'immaginario televisivo. Il satellite, il digitale terrestre, la tv sul telefonino, l'iptv divenuta di fatto (a parte il software di navigazione) una vera e propria tv via cavo all'italiana. E poi YouTube, il grandissimo fenomeno dei contenuti generati dagli utenti e promossi dal grande medium orizzontale del passaparola digitale. E infine Joost, Babelgum, Skinkers. Si tratta di sistemi diversi, che però usano il web come sistema di distribuzione della tv e pensano l'architettura peer-to-peer come sistema per poter arrivare anche a costruire bouquet di canali e programmi in grado di rivaleggiare con le piattaforme più tradizionali.

La tv analogica resta ovviamente regina degli ascolti. Ma i numeri si erodono, l'attenzione si riduce, la credibilità è in discussione e le alternative incuriosiscono. La centralità dell'Auditel è in crisi. Ma le alternative mancano.
Come verrà immaginata la risposta? Innanzitutto, prendendo consapevolezza del fatto che il mercato della tv non è più centrato sulla competizione tra i canali e le reti: i protagonisti del nuovo terreno competivo tendono a essere i singoli programmi o canali dotati di un forte brand che genera senso. Insomma, il lato editoriale prende il sopravvento sulla piattaforma di distribuzione.
Le modalità di misurazione delle scelte del pubblico e, conseguentemente, la raccolta pubblicitaria, continuano invece a organizzarsi intorno alle piattaforme e alle reti. Ma dalla Francia arriva una proposta.

Médiamétrie si propone di misurare l'audience dei singoli contenuti senza tener conto di quale piattaforma di distribuzione viene utilizzata: la soluzione è inserire nei programmi un segnale che gli esseri umani non percepiscono ma che speciali sensori possono registrare. Una sorta di Auditel crossmediale che potrebbe rivelarsi piuttosto adatto al nuovo contesto nel quale gli spettatori hanno l'opportunità di servirsi di diverse piattaforme alternative. È una prima proposta. Che in qualche modo privilegia il linguaggio video. Ma va nella direzione di misurare l'insieme del tempo mediatico.

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