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Lucarelli (Assinform): «Il made in Italy cresce solo con l'innovazione»

di Pino Fondati

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17 marzo 2008

Ennio Lucarelli, presidente di Assinform, commenta in un'intervista i dati sul mercato dell'information and communication technology

Presidente, assistendo alla campagna elettorale in corso, sembrerebbe che l'innovazione, e in particolare l'Ict, non sia una priorità. Poca sensibilità da parte del mondo politico?
Sarebbe ingeneroso fare un'affermazione del genere. Noi abbiamo molto apprezzato sia l'impegno del precedente governo Berlusconi, che, non dimentichiamolo, ha istituito il Ministero per l'Innovazione, sia il governo attuale del premier Prodi, che con il ministro Bersani, ha avviato una serie di liberalizzazioni e ha dato vita al progetto Industria 2015. Certo ci cono ancora molte cose da fare. Per esempio, nel campo dell'infrastruttura occorre vedere la rete non più come un problema, ma come strumento essenziale per l'avanzamento dell'intero Paese. O, tornando alle liberalizzazioni, trovo positivo che esse siano state ben accolte dall'opinione pubblica, però nessuno ha legato questi progetti a un obiettivo di miglioramento della capacità di innovazione tecnologica del sistema.
Un commento all'andamento dell'Ict in Italia nel 2007 delineato dal rapporto Assinform?
I numeri sono lì, si commentano da soli. Voglio solo rimarcare che le medie imprese continuano a investire sull'Ict, e questo sembra un dato ormai consolidato che si riflette positivamente sulla bilancia dei pagamenti dell'Italia. Bene anche le piccole imprese. Ma non basta: bisogna accelerare, andare più veloci. In questa ottica guardiamo con fiducia al progetto Industria 2015, che spero venga confermato nella prossima legislatura. Abbiamo già individuato progetti per il settore del made in Italy. Il primo è un progetto che vuole migliorare l'intera filiera del produttore, ampliare il contatto con mercati e clienti, migliorare il time-to-market e ridurre i costi. Il secondo prevede l'espansione del commercio elettronico, che a livello mondiale raggiunge numeri importanti. Il commercio tradizionale perde quote di mercato a favore del commercio elettronico: un treno che l'Italia non deve assolutamente perdere.
Certo che delude e preoccupa l'ulteriore decremento della spesa Ict da parte della pubblica amministrazione centrale..
In genere, quando si tira la cinghia, si decide di tagliare gli investimenti. Non si ha il coraggio di andare a incidere sulla spesa corrente. Si pensi solo al dato allarmante emerso dal censimento delle aziende pubbliche, voluto dal ministro Nicolais, in cui si rileva che il paese spende ben cinque miliardi di euro per il mantenimento e gli oneri delle aziende direttamente costituite dallo Stato.

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