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Come funziona e che cos'è l'acceleratore del Cern

di Giuseppe Caravita

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10 APRILE 2008

Ventisette chilometri di un grande tunnel, perfettamente circolare, scavato centro metri sotto la valle di Ginevra. E dentro un doppio circuito di tubi a vuoto assoluto, e raffreddati a temperatura persino leggermente inferiore a quello del vuoto intergalattico. Ma il cuore dell'Lhc (Large Hadron Collider) del Cern (il grande laboratorio europeo sulla fisica delle particelle) starà dentro i tubi a vuoto e in due caverne. Nei primi passeranno, accelerati da campi elettrici pulsanti e tenuti in orbita da potenti campi magnetici, alla velocità della luce, fasci di protoni o di nuclei di piombo. Due fasci, l'uno in direzione contraria all'altro, che verranno incrociati tra di loro dentro due grandi macchine di misura: l'Atlas e il Cms. Alcuni protoni si scontreranno tra loro, alla massima energia finora prodotta dall'uomo (14mila miliardi di elettronvolt, nove ordini di grandezza sopra le accelerazioni elettroniche un tubo catodico di una normale Tv) e la loro collisione, e istantanea frammentazione in particelle più piccole, verrà istantaneamente registrata sia dentro Atlas che nel Cms, tramite i loro (diversi) sistemi sensoriali. Migliaia di scontri al secondo verranno così catturati e i loro dati registrati da batterie di computer nelle due caverne, e poi inviati alla rete del Cern, e di qui alla Grid, il sistema a larghissima banda internazionale che consentirà ai fisici di tutto il mondo di analizzare i dati degli esperimenti in tempo reale.


Timori di buchi neri a parte, l'obbiettivo è spaccare il protone, il costituente atomico più "duro" e osservare se il fisico inglese Higgs aveva ragione quando predisse l'esistenza di una sottoparticella, un bosone teorico, portatore del campo di Higgs, ovvero della spiegazione dell'origine della massa in tutto l'universo.
Oggi, sotto questo aspetto, la fisica è ancora al palo: il 95% della massa universale è sconosciuta. Fatta, probabilmente, di materia oscura e di energia oscura. Della prima si hanno solo prove indirette (deviazioni della luce su ammassi galattici lontani), della seconda poco più di congetture.
E non solo: l'Lhc, quando comincerà le sue collisioni, forse aiuterà i fisici a capire (direttamente e indirettamente) se esistono altre dimensioni oltre a quelle rilevabili dai nostri sensi (spazio-tempo), come quelle ipotizzate (per ora solo a livello teorico) dalla teoria delle stringhe. Insomma, gran parte delle domande poste dai fisici negli ultimi vent'anni. Ben superiori, pur con il progresso delle conoscenze, alle loro certezze.

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