L'uranio e il plutonio degli arsenali atomici possono essere riconvertiti nel combustibile di centrali per uso civile. È il messaggio incoraggiante che giunge dal programma "Megatons to Megawatts", varato dagli Usa nel 1994 per eliminare in 20 anni, senza rischi di proliferazione o di caduta nelle mani di terroristi, gli enormi arsenali ex sovietici come previsto dai trattati di disarmo Start.
In base agli accordi bilaterali, la Usec (United States Enrichment Corporation) – azienda operante su mandato del Governo federale che fornisce oltre metà della produzione americana di combustibile atomico e quasi un quarto di quello mondiale – acquista dall'analoga impresa russa Techsnabexport (Tenex), controllata da Rosatom (l'ente governativo russo per l'energia atomica) le testate da smaltire, per un valore totale di 12 miliardi di dollari («senza costi per i contribuenti statunitensi», come vanta il sito del gigante atomico), di cui 8 sono costituiti dal prezzo di acquisto dell'uranio russo riconvertito e il resto dal prezzo dall'uranio naturale necessario a "rialimentare" le barre.
Delle 20mila bombe russe da riconvertire (pari a 500 tonnellate di uranio e plutonio "weapon grade"), al 31 marzo scorso ne risultavano trasformate in uranio a basso arricchimento (3-5%) ben 13.093, pari al 65,46% del totale. Tradotto in peso, significa che 327 tonnellate sono state convertite in 9.518 tonnellate di uranio utilizzabile in centrali elettronucleari civili, in grado di fornire energia al 10% degli edifici pubblici e privati del Paese.
