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Un'accelerazione che risucchia il '900

di Simone Arcagni

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11 settembre 2008

Al di là del comunque interessante dibattito che l'esperimento del Cern ha scatenato, ciò che risulta evidente è come esso si candidi ad essere uno dei simboli più efficaci dei nostri tempi, assommando in sé i due caratteri che definiscono il nostro tempo: accelerazione (intensificazione) e visione.

Il positivismo della Modernità ha lasciato in eredità un mondo che pensa per intensificazione, che si spinge oltre senza più scopi da raggiungere, ci ha immesso in una società "barocca" o "neobarocca" (secondo la definizione di Omar Calabrese), intensa, eccessiva, della comunicazione veloce, che ha eliminato il problema della temporalità, di una scienza e di una tecnologia che sembrano spingersi oltre senza programmi e senza guide, di città che si trasformano sempre più in megalopoli dall'assemblaggio fortuito se non addirittura sconsiderato (pensiamo al fenomeno degli slums). Dall'altra la visione. Il secolo XX è stato caratterizzato dalla visione, dalle tecnologie della visione e da quel fenomeno che è il cinema che ha espresso al massimo grado le pulsioni scopiche del secolo divenendo il luogo fondamentale per la lettura simbolica del mondo. Ora anche la visione si spinge al parossismo: il cinema viene superato dalla "fluidità" del video, prima, e del digitale, ora. Proprio il digitale diviene una tecnologia talmente duttile da creare ciò che solo qualche decennio fa si paventava: il veicolo per una completa ingerenza scopica.

Il mondo si fa immagine in maniera totale (in questo senso il significato del cinema, come luogo principale ideale e simbolico del visivo, è completamente scomparso), la tecnologia disgrega il mondo in immagine riducendola ad algoritmi di base numerica binaria, la tecnologia poi diffonde le possibilità scopiche ovunque tramite telescopi, camere di sorveglianza, satelliti, ma anche distribuendo questo cinema "diffuso" e "disseminato" per il tramite della rete. Le visioni apocalittiche di Baudrillard e di Debray o quelle di Debord, con You Tube divengono realtà. Ma, ritornando al Cern: cinema, visione e scienza concorrono ora ad un ulteriore superamento, ad una sfida all'occhio per andare oltre, per spingersi in un "post" - parolina chiave dei nostri giorni... una dinamica post-oculare in grado persino di superare questa sorta di panoptico senza centro e senza sguardo che è il mondo contemporaneo.

In fondo in questa accelerazione della realtà – ne tratta Virilio nel suo "Città panico" (Raffaello Cortina 2004) – che spossessa l'uomo della scienza e della tecnologia, non può che creare «incidenti» del reale e di per sé una «derealizzazione del mondo». L'incidente (Bruno Latour ha coniato il termine «Iconoclash») e l'apocalisse sono i segni di una visione che non ha più autore. Ora, comunque vada, gli scienziati che per vedere e registrare, con le nuove apparecchiature scopiche che la rivoluzione digitale ha messo loro a disposizione, si preparano ad accelerare le basi della nostra fisica, stanno davvero realizzando un buco nero – si spera metaforico – che risucchierà con sé i tratti distintivi del XX secolo: il cinema, la scienza, la storia, il tempo.

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