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I cyber casinò sono legali: benvenuti alla roulette del Web

di Francesca Tarissi

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18 settembre 2008


Dopo due anni di attesa e la lunga trafila procedurale cui aveva dato il là il decreto Bersani del 2006, finisce un proibizionismo che negli anni ha spinto molti ad arrischiare il proprio portafogli in siti stranieri abusivi (circa 1300 quelli oscurati solo lo scorso anno), senza neppure la certezza del "pay out", la riscossione della vincita. A partire per primo all'inizio di settembre è stato il Texas Hold'em, il poker sportivo già molto seguito in tivù, al quale nei prossimi mesi seguiranno altri 49 giochi, dal backgammon al sudoku, dagli scacchi allo chemin de fer, fino ad approdare al burraco.
Esultano i cybergiocatori e i circa 30 operatori autorizzati che, sino ad oggi, si sono dovuti limitare a proporre le giocate "for fun", ossia senza soldi in palio, protestano le associazioni dei
consumatori che nella novità ravvedono una svolta in negativo per i risparmi già provati delle famiglie italiane. Ma per Fabio Felici direttore di Agicos, «era inutile nasconderci dietro un dito, siamo un popolo di giocatori e c'era bisogno di regolamentare la materia per evitare le truffe ai danni dei giocatori italiani». Un giro d'affari che promette d'essere la nuova mecca per quanti hanno acquistato dallo Stato, al costo di circa 300mila euro, il diritto all'esercizio del "gioco lecito" on line. Alcuni dati: entro il 2008 previsti 500 mila giocatori singoli con 400 milioni di euro d'incassi per il primo anno, che si trasformeranno in un miliardo al termine della fase sperimentale di 12 mesi . Per l'erario l'incasso è del 3 per cento fisso sul fatturato.
L'utente tipo è un uomo dai 20 ai 45 anni, con un reddito medio annuo di 30mila euro. «Le
donne rappresentano ancora una minoranza», dice Fabio Angeli Bufalini, country manager di PokerStars.it,«ma in Italia stanno crescendo il doppio rispetto agli altri paesi europei, con una predilezione per il burraco».
Chi desidera cimentarsi con le carte digitali deve aprire un conto di gioco on line, una sorta di borsellino elettronico, per avere il quale occorre presentare codice fiscale e documento d'identità, il che garantisce la maggior età dei partecipanti. La quota di partecipazione va da 50 centesimi a un tetto massimo di 100 euro, con un ritorno del montepremi minimo dell'80 per cento. «Con un'iscrizione di 1 euro si può giocare per 4 -5 ore», dice Bellocci. «E se un giocatore muove più di 2500 euro in un anno, scatta subito il controllo anti-riciclaggio», aggiunge Carlo Gualandri, presidente di Gioco Digitale.
Ciascun computer della concessionaria è collegato al server centrale dei monopoli di Stato, spiegano all'Aams, e ogni singola giocata viene timbrata elettronicamente in tempo reale e rinviata al mittente con un codice che ne attesta la legalità e funge da garanzia per il giocatore, anche in caso di contestazione della vincita. «La formula di gioco in Italia è quella del torneo, e non quella secca molto diffusa sui siti esteri», spiega Gianluca Ballocci, responsabile Internet di Lottomatica: «I giocatori hanno uno stock iniziale di chips uguale per tutti e vince il giocatore più abile che rimane al tavolo per ultimo».
Ma le bordate delle associazioni dei consumatori non si sono fatte attendere: secondo i dati diffusi dall'Adoc, per esempio, sarebbero 16mila su un totale di circa 530mila pokeristi virtuali abituali,
quelli affetti da dipendenza da gioco. Così il Codacons è sul piede di guerra e minaccia di guastare la festa presentando ricorso al Tar contro l'autorizzazione rilasciata dall'AAMS: «Considerata la
diffusione di Internet e il fatto che può entrare direttamente in ogni casa», dice l'associazione in una nota, «il fenomeno rischia di diventare un'autentica piaga sociale».
Per Isidoro Alampi, presidente della Federazione Italiana Gioco Poker, queste paure «sono solo la conferma che i vecchi luoghi comuni sono difficili da sconfiggere anche contro l'evidenza dei fatti». Concorda Angeli Bufalini: «Negli Usa il Texas Hold'em c'è da più di 20 anni. E lo stesso Obama ha dichiarato che lo vorrebbe giocare nello Studio Ovale della Casa Bianca». Tra i fan della legalizzazione c'è anche Mario Adinolfi, giornalista blogger e gran pokerista: «La
ludopatia è un fatto, ma riguarda altri tipi di gioco», dice: «è molto più pericoloso il Lotto che è pensato per fregare il giocatore e in cui lo Stato ha un vantaggio di 18 volte, del poker che
necessita di elevate qualità strategico-matematiche».
E, sconfitto il proibizionismo, la strada per i giocatori è in discesa. «Entro qualche mese», rivela Fabrizio D'Aloia presidente di Microgame, «installeremo 4000 totem touch screen collegati alla Rete in altrettanti esercizi commerciali sparsi per la penisola. Si potrà aprire un borsellino elettronico o collegarsi a quello che si ha già». Les jeux sont faits.

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