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Intel Core i7, l'architettura multi cervello del futuro secondo Intel

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14 novembre 2008

Di "Nehalem", nome in codice della micro architettura Core i7 alla base delle nuove Cpu multi-core a ridotto consumo energetico di Intel si sa già molto. Quasi tutto. Giorni addietro è arrivata direttamente dalla società californiana la conferma che i primi sistemi a beneficiare del nuovo arrivo – alla fine di novembre - saranno i desktop ad alte prestazioni, macchine per cui la potenza necessaria per supportare applicazioni grafiche e video è una delle componenti chiave. Fra gli addetti ai lavori qualcuno, nell'apprendere la notizia, ha storto il naso: perché? Perché l'avvento della nuova micro-architettura, erede dell'attuale Core 2, è stata battezzata da tempo dalla stessa Intel come uno dei più grandi "cambiamenti nella struttura dei chip degli ultimi anni" ma i primi destinatari della nuova tecnologia saranno i pc da tavolo di fascia alta (i candidati sono i gaming pc delle varie Hp, Dell e Acer), una nicchia di mercato visti gli alti prezzi di listino al consumo e non i server destinati ai data center (area chiave del mercato business). I processori Core i7 per server saranno lanciati in un secondo momento mentre i processori per notebook ("Auburndale" e "Clarksfield") basati su "Nehalem" arriveranno nella seconda metà del 2009. Dalla sua Intel ha comunque sicuramente un vantaggio, rispetto ai concorrenti: lavora da oltre un anno sui processi di produzione del silicio a 45 nanometri e tutti i chip basati sulla nuova micro architettura saranno ovviamente realizzati sfruttando tale tecnologia e su quel design cosiddetto monolitico che permetterà di integrare fino a otto core contemporaneamente su un'unica fettina di silicio.

Molti si chiedono quale sarà il verbo sul quale spingerà l'acceleratore la macchina da guerra del marketing di Intel per promuovere i nuovi processori multi core. La risposta c'è già: maggiore efficienza energetica e miglior supporto delle capacità multicore (il supporto esteso della tecnologia Hyper Threading permetterà di estendere quindi significativamente la capacità elaborativa di un singolo chip). Il fattore integrazione, invece, è la novità forse più importante sotto il profilo tecnico, considerato il fatto che nelle Cpu Core i7 il sistema di controllo della memoria è integrato, al pari di alcune funzionalità grafiche, e non affidato a un chipset esterno. Estremizzando il concetto, "Nehalem" si presenterà con prerogative strutturali molto simili a quelle che ispirano le Cpu Opteron Quad Core di Amd, e cioè Barcelona e le ultime arrivate Shanghai. Si diceva quindi dei consumi energetici, vero grimaldello dei produttori hi-tech per aprire i portafogli dei responsabili It: la nuova architettura Intel promette in tal senso migliorie sostanziali in fatto di efficienza energetica (e il tema, sappiamo, è vitale soprattutto in ambito server) grazie a un apposito controllore che interviene sui singoli core del processore per regolarne frequenze e stato di funzionamento e ridurre ai minimi termini i consumi delle risorse inattive.

Dunnington: sei core su un'unica fetta di silicio
La decisione operata da Intel di lasciare al momento scoperta la fascia dei server di fascia alta si può però giustificare e comprendere con il lancio, datato metà settembre, dei processori "Dunnington" Xeon 7400 a sei cervelli. Si tratta dell'evoluzione ultima della famiglia Penryn, subito adottata da Sun Microsystems, Hewlett-Packard, Dell, Ibm, Fujitsu Siemens e Unisys per le rispettive macchine di fascia alta. In attesa delle Cpu Core i7, a Santa Clara sono ben convinti di aver già fatto un grande salto in avanti. E non solo per aver integrato nativamente i sei cervelli di elaborazione dentro un unico corpo (fino a ieri erano due i pezzi di silicio ad ospitare i diversi core) ma anche perché queste Cpu sono prodotte con la tecnologia di processo a 45 nanometri e ricorrendo a transistor a gate metallici ad alta costante k, perché hanno una dotazione di memoria cache condivisa (16 Mbyte) elevata e perché garantiscono una scalabilità verso l'alto che arriva al limite dei 16 socket. Il che significa poter allestire server (così si presenta un modello di Unisys) con un massimo di 96 core da destinare ai compiti di elaborazione dati più gravosi (vedi la virtualizzazione) all'interno dei data center. (G. Rus.)

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