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Così è cambiata la comunicazione

di Monica Fabris

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Giovedí 27 Novembre 2008

L'aspetto modaiolo e salottiero del caso Facebook in Italia – per cui se ne può dire praticamente tutto e il contrario di tutto – non deve trarci in inganno. Il rischio è di coglierne solo gli aspetti più superficiali tralasciandone gli elementi di straordinaria novità. L'osservatore sociale ha l'obbligo di fermarsi a esplorare e misurare il fenomeno, senza fermarsi al l'apparenza o alle tracce di poche sporadiche esperienze.
Una ricerca realizzata da gipieffe e basata su un monitoraggio dei comportamenti su Facebook a partire da un campione rappresentativo degli utenti della rete coglie alcune trasformazioni strutturali dei processi di comunicazione indotte in particolare dall'uso di Facebook.
Le reti sociali sono tante e diversificate ma hanno in comune il fatto di superare la consistenza delle comunità di interesse e creare delle vere e proprie comunità fondate sull'affinità, veri ambienti virtuali in cui gli individui traslano porzioni esistenziali sempre più significative.
Non c'è bisogno di essere appassionati di un hobby specialistico per sentire il bisogno di iscriversi a un social network. Oggi "stare in network" è qualcosa di più di una relazione strumentale. È più vicino alla first che alla second life. Esprime un bisogno di socializzazione e di vicinanza emotiva e simbolica con persone affini, in cui gli "affini" sono potenzialmente tutte le persone con cui è possibile conversare.
Per questo l'affermazione dei social network va senz'altro interpretata come un fenomeno di apertura, con forti spinte inclusive. Non è solo la ricerca dei compagni di classe, degli amici lontani e persi nel tempo. La società del social network è un mondo che ha tratti utopici perché chi vi partecipa «torna davvero a investire nella relazione» erodendo spazi ad attività private per dedicarsi al rapporto con gli altri.
Non è un caso che i tanti, continui tentativi di "usare" Facebook incorrano nel fallimento, come se la rete sociale predisponesse gli anticorpi per svelare malafede di chi anziché "dare" si concentra sulla dimensione del "ricevere".
Il potere trasformativo dei social network entra nell'antropologia del quotidiano modificando abitudini e stili di vita prima di tutto attraverso la trasformazione delle pratiche di comunicazione: aggiunge una nuova modalità che interviene sugli altri mezzi ridefinendone il perimetro. Meno sms ed email ma anche meno telefonate e meno blog.
Non solo si amplia la quantità dei contatti ma si inventa anche un nuovo dominio comunicativo introducendo un livello semi-pubblico. Un luogo in cui i singoli si parlano lasciando possibilità di ascolto e porte di ingresso aperte a una vastità di altri soggetti.
I social network realizzano flussi di comunicazione molteplici e aperti, mettendo la rete stessa delle relazioni al centro della comunicazione. Questo comporta il superamento di modalità di comunicazione rigide, «uno a uno» o «uno a molti» in una prospettiva che forse per la prima volta nella storia della comunicazione tecnologicamente mediata si può definire più naturale che virtuale.
Come in una piazza reale le persone si confrontano in un ambiente aperto, movimentato, in cui mentre si parlano possono osservare gli spostamenti intorno, mantenendo una visuale ad ampio raggio. C'è un livello di privacy che il social network garantisce ma la sua essenza specifica comincia quando trasparenza e apertura lasciano spazio a sorprese, novità, incontri anche inaspettati. Quando la comunicazione diventa davvero esperienza, seppur virtuale, e i dialoghi si trasformano in conversazioni. Una trama collettiva che traccia umori, mobilita soluzioni creative e provoca reazioni nel mondo reale. Ne deriva un rafforzamento del potenziale espressivo dei partecipanti che è anche conseguenza del fenomeno di abbattimento delle barriere tra lavoro e tempo libero.
La multimedialità è parte in causa di questo fenomeno perché grazie all'elevazione delle conversazioni da testi a suoni e immagini i social network forniscono indicazioni e materiali rappresentativi autoprodotti o importati che li avvicinano al mondo dei media, li abilitano a nuove funzioni e li spingono verso un'evoluzione strutturale: quella da social network a social media. Infatti sempre più spesso i social network si sostituiscono ai media tradizionali nel dettare l'agenda personale e collettiva. La homepage di Facebook restituisce una selezione di notizie infinitamente più valida, efficace, corrispondente alle esigenze del sé della prima pagina di un quotidiano o di qualsiasi altro aggregatore. In quanto social media il network funziona con dispositivi e regole del tutto nuove che coniano formati editoriali inediti, gestiti da nodi eccellenti, hub ad alto potenziale dialogico, capaci allo stesso tempo di far vivere le notizie e i temi nel cuore pulsante della partecipazione collettiva e guidare questo processo secondo un criterio di verifica, selezione e qualità. La stessa blogosfera diventa subalterna a questo processo di selezione e verifica, come versante editoriale che sempre più assumerà l'aspetto di un link di approfondimento della sfera conversazionale.
«Meglio informati» e non «meno informati»: questa sembrerebbe essere la risposta all'accusa di povertà di punti di vista che secondo alcuni finirebbe per caratterizzare negativamente i social network.o

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