Da sempre i siti di social networking si sono dati delle regole alle quali chi vi partecipa si deve attenere. È comprensibile. Ma come si fa a capire come comportarsi quando queste regole non sono spiegate? Se lo domandano un numero crescente di persone che usano (o usavano) Facebook. Persone che di punto in bianco si sono viste negare l'accesso alla chat perché, pare, la usavano troppo. O a cui è stato revocato l'accesso al sito con un laconico e alquanto vago messaggio.
Lo scrittore Aldo Nove è stato cancellato due volte e adesso ha creato un gruppo chiamato «Freedom of Connection for Aldo Nove» per sensibilizzare sulla cronica carenza di chiarezza: «Sarà che avevo troppe amicizie, o che ero taggato in troppe foto, o che avevo semplicemente troppi amici – riflette –. Ma si può fissare un limite alle amicizie che una persona può avere?». Lamentele simili anche da Daniele Biacchessi, giornalista di Radio24: «Facebook limita a 5mila il numero di amici che un utente può avere. Io ho usato tutti gli strumenti che avevo a disposizione per estendere il mio network, compresi una pagina personale e un gruppo, ma a un certo punto mi è apparso un messaggio che mi avvertiva che il mio account era stato disattivato, senza sapere bene cosa avessi fatto di male». E la lista è lunga. Le persone che hanno avuto sorprese del genere su Facebook sono centinaia. Sui forum della rete e anche sullo stesso Facebook proliferano discussioni su questo tema. Qualcuno lamenta ingiustizie. Qualcun altro cerca di fare chiarezza sulle regole del gioco. E a vincere è soprattutto la confusione.
Facebook ha avuto successo perché è una specie di tavolozza in cui chiunque può dipingere ciò che vuole. Bisogna evitare messaggi pornografici, razzisti o palesemente offensivi, ma questa è una caratteristica di gran parte dei siti di questo genere. Tuttavia, la carenza di un sistema semplice per capire quali sono i limiti sta creando non pochi problemi. Mark Zuckerberg, che ha inventato Facebook nel 2004, non si aspettava probabilmente che la sua creazione diventasse la "seconda casa" di più di cento milioni di persone e che alcuni Paesi, come l'Italia, ne decretassero un successo così ampio e capillare. Ma lo sviluppo attuale non può non sollevare alcune domande. È possibile che un sito che si avvicina sempre di più, per dimensioni e utilità, a un servizio pubblico non proponga un sistema semplice ed efficiente per chiedere informazioni e ottenere chiarimenti sulle proprie politiche? Ha senso che un sito il cui scopo è permettere l'espansione del proprio network personale metta un limite proprio alla quantità di contatti? È accettabile che l'esclusione avvenga senza alcun preavviso e senza dare all'utente l'opportunità di modificare le proprie abitudini?
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