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Cuore elettrico

di Sandro Mangiaterra

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Il migliore aiuto è la ricerca. Al Politecnico di Torino, città legata a filo doppio con l'automobile, il cui cuore volente o nolente batte in sincronia con lo sviluppo e la crisi del settore, ne sono convinti. Da anni hanno avviato studi sui motori a basso consumo e poi sulla propulsione alternativa, a idrogeno o elettrica. Il risultato è che oggi il Politecnico può vantare due progetti fortemente innovativi e di grande originalità: il Bes, Big electric scooter, un mezzo a due ruote dotato di un motore elettrico ad alta efficienza, e la Idra, una speciale vettura alimentata a idrogeno e a sua volta spinta da un motore elettrico, in grado di percorrere la bellezza di 948 chilometri con l'equivalente di un litro di benzina. Esperimenti? Esercizi per studenti? Niente più di due «iocattoli»? Nemmeno per sogno.
«Lo scooter potrebbe essere industrializzato anche domani – assicura Polo Guglielmi, 38 anni, che con il collega del dipartimento di Ingegneria elettrica Eric Armando, guida il team Bes –. Basterebbe che un costruttore fosse davvero interessato a investire su questo genere di veicoli. Immediatamente si abbatterebbero i costi. E sono convinto che sarebbe un successo». «Il nostro è un prototipo che partecipa alle particolari competizioni di durata e di risparmio energetico – incalza Massimiliana Carello, responsabile del progetto Idra – ma niente vieterebbe lo sviluppo di una simile tecnologia per la produzione di serie. Abbiamo già una collaborazione con la General Motors. Vediamo dove porterà. E chissà mai che qualcun altro si faccia avanti».

Insomma, dal Politecnico di Torino arriva un messaggio forte e chiaro. La strada «verde» è percorribile. L'auto e la moto sostenibili sono a un passo. Il futuro del trasporto può tranquillamente essere sganciato dalla dipendenza del petrolio e dalle bizze del caro-barile. I problemi riguardanti la tecnologia appaiono superati. I limiti legati alla scarsa autonomia di percorrenza e alle modeste prestazioni sono destinati a restare un ricordo del passato. E allora che cosa si aspetta? Per quali motivi i motori elettrici fanno così fatica ad affermarsi sul mercato? «Per una semplice questione di costi – taglia corto Guglielmi –. Ma se nessun costruttore si muove per primo, i costi non si ridurranno mai».

È il nodo in cui si è incagliato Bes. Lo studio sullo scooter elettrico è partito addirittura nel 2001 nell'ambito di un Prin (Progetto di ricerca di interesse nazionale) finanziato a livello governativo. Il Politecnico di Torino, però, ha continuato a crederci, migliorando sempre il veicolo (è in allestimento anche un Bes 2010) e investendo direttamente 50 dei 200mila euro impiegati finora. Il motore è stato progettato ad hoc, partendo da zero. Tutto nuovo pure il sistema di gestione dell'elettronica. Le due batterie sono al litio (70 elementi in parallelo per ognuna), capaci di offrire ottima densità di energia e nello stesso tempo di ridurre lo spazio. Batterie che producono energia ad alta tensione, in modo da garantire maggiore efficienza complessiva. Ne è uscito un veicolo con prestazioni paragonabili a un 125 cc: 100 all'ora di velocità di punta, 140 chilometri di autonomia ad andatura costante (aumentano del 30-40 per cento in città, per via della frenata autorigenerante, che riproduce e reimmette ulteriore energia). Quanto ai consumi, e quindi ai costi di gestione, risultano dieci volte inferiori a un concorrente a benzina: 50 centesimi, contro 5 euro, per percorrere 100 chilometri.

«Un mezzo del genere – spiega Guglielmi – potrebbe essere lanciato sul mercato intorno ai 5mila euro, una cifra che comincerebbe a diventare competitiva. Lo abbiamo proposto. Cercavamo una partnership industriale. Nessuno l'ha voluto. Sono stati necessari lo shock petrolifero dell'estate 2008 e qualche apparizione sui media per suscitare interesse». La ragione? Una sola: i costi, appunto. Per i costruttori, il blocco costuituito da motore, batterie e power electronics dovrebbe arrivare al massimo a mille euro, mentre agli attuali prezzi di mercato risulterebbe superiore del 60-70 per cento. Per ridurre i costi, ovvio, occorrerebbe puntare sugli alti volumi. Ma qui il gatto si morde la coda: se nessuno comincia, la produzione è destinata inevitabilmente a rimanere di nicchia. Conclusione, gli scooter elettrici continueranno a viaggiare su listini proibitivi.
Gira che ti rigira, il discorso finisce sempre lì: agli investimenti, alle scelte delle case costruttrici. Lo ribadisce anche Massimiliana Carello, che parla del progetto Idra a metà tra la docente universitaria e la team manager. La vetturetta made in Torino, a tre ruote, lunga 3 metri e pesante appena 60 chili, monta un serbatoio a idrogeno, accompagnato da una fuel cell che trasforma l'energia portandola a un motore elettrico da 1 Kw di potenza. I venti studenti che si sono dedicati al prototipo (90mila euro spesi finora), riuniti nel team H2polito, hanno partecipato nel maggio scorso alla Shell Eco Marathon, sul circuito di Nogaro, in Francia. Bene, la Idra 08 ha percorso 948 chilometri con l'equivalente di un litro di benzina. Un'ulteriore prova, persino divertente, delle potenzialità offerte dalla tecnologia e dalla ricerca. «Peccato che riguardo agli investimenti, almeno in Italia, siamo all'anno zero – allarga le braccia la professoressa Carello –. Hai voglia a esaltare l'auto a idrogeno, quando poi, per esempio, manca completamente la rete di rifornimento. Basti pensare che per caricare la nostra bomboletta da 0,4 litri alla pressione di 200 bar dobbiamo fare la spola con Milano, dove c'è l'unico posto in grado di offrirci questo banalissimo servizio. Eppure noi andiamo avanti. E perché no, siamo a disposizione dell'industria. Ah, dimenticavo: quest'anno, con Idra 09, puntiamo a percorrere 2mila chilometri».

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