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Obiettivo un per cento? Possibile

di Francesco Profumo*

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Qualche anno fa il sogno era un «auto 3%»(cioè in grado di percorrere con 3 litri di carburante 100 km), oggi l'obiettivo è un'"auto 1%", ma non solo. L'auto del futuro dovrà percorre con un litro 100 km, ma dovrà anche poter scambiare dati e informazioni con l'asfalto, con chi la guida, con i sensori distribuiti sulle strade e con gli altri veicoli per minimizzare i tempi di percorrenza (un'auto più intelligente per ridurre i consumi) e abbattere drasticamente il rischio di incidenti, "intrattenere" il conducente e i passeggeri con sistemi di comunicazione video e audio che le consentano di essere non solo un mezzo di locomozione, ma anche un efficiente ufficio mobile, un'auto più leggera e a basso costo che possa lavorare di più e quando è parcheggiata non rimane inattiva, ma, se collegata a una presa, genera energia pulita (generazione distribuita), un'auto a "emissione zero" per una efficace tutela dell'ambiente.
La ricerca di nuovi materiali, nuovi combustibili, nuovi sistemi di propulsione, nuovi sistemi per l'infomobilità è ben avviata e l'auto del futuro non si configura più come un sogno, ma come un obiettivo preciso, per il quale è necessario definire una road map, in termini di progetti, di investimenti, di modalità e di tempi. La drastica riduzione dei pesi dell'autoveicolo appare un pre-requisito fondamentale per l'abbattimento dei consumi verso l'ambizioso target menzionato (l'"auto 1%"). Il rendimento dei propulsori tradizionali è quasi al limite, per raggiungere l'obiettivo 1% è necessario ridurre il peso dei veicoli di due terzi.
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Il percorso della ricerca passa quindi attraverso materiali compositi nanostrutturati, a matrice cellulare, tanto leggeri quanto resistenti, basati anche su materiali plastici, ma rinforzati da fibre tenaci secondo architetture studiate a tavolino con strumenti di simulazione sofisticati e realizzati con processi di "auto-assemblaggio" a basso costo.
È evidente che un'auto leggera può però essere rischiosa in caso di collisione ed ecco allora che l'auto deve diventare più intelligente, grazie a sistemi di telecomunicazione più veloci e precisi, che ne condizionano il moto, l'aderenza sull'asfalto, la posizione rispetto agli altri veicoli e la preservano da incidenti. La ricerca deve essere indirizzata anche verso lo sviluppo di pneumatici smart, con sensori in grado di valutare istantaneamente le condizioni della strada e del pneumatico stesso, per garantire, in qualsiasi condizione, la migliore aderenza e ridurre i rischi.
I sistemi di propulsione odierni, dopo tanti sviluppi di successo (come ad esempio i motori diesel a iniezione multipla) segnano il passo in termini di efficienza e non sembrano poter garantire quell'ulteriore salto di qualità in termini di miglioramento di rendimento, necessario per raggiungere i bassissimi livelli di consumo a cui è lecito ambire. Tutto questo anche perché l'intensificarsi della pressione legislativa europea verso la riduzione delle emissioni di inquinanti (monossido di carbonio, idrocarburi incombusti, ossidi di azoto e particolato) ha comportato l'adozione di sistemi catalitici di post-trattamento e sistemi di controllo dell'alimentazione e della combustione molto complessi e dai costi del tutto paragonabili a quelli degli stessi motori!
Occorre quindi un salto di qualità che, passando attraverso una fase transitoria con l'utilizzo di combustibili alternativi quali ad esempio i biocombustibili o con l'impiego di sistemi ibridi, dove il motore a combustione interna «dialoga» con un motore elettrico, consenta di accedere a sistemi radicalmente differenti, basati su idrogeno e celle a combustibile ovvero a motori elettrici e batterie innovative (analoghe per tecnologia a quelle dei nostri telefonini, ma naturalmente di capacità adeguata), altamente efficienti e intrinsecamente puliti, in quanto non generano inquinanti.
In quest'ultimo ambito è chiaro che il gap da colmare è soprattutto in termini di autonomia dei veicoli, di densità di potenza stoccata a bordo. Ancora una volta la ricerca su nuovi materiali torna a essere determinante nella direzione di avere sistemi di stoccaggio dell'idrogeno, che siano i più leggeri e capienti possibili così da garantire autonomie paragonabili a quelle attuali (600-800 km) con volumi per lo stoccaggio analoghi agli odierni serbatoi per il carburante (50 litri) e batterie ad alta densità di energia elettrica immagazzinata, per unità di volume e di peso.
Quando questo sarà una realtà, sarà un peccato non utilizzare questi sistemi energetici come generatori di energia nei lunghi periodi di sosta dei veicoli, quando, collegati alla rete elettrica, questi ultimi potranno produrre energia e riversarla in rete, in modo distribuito ed efficiente, consentendo forse di non costruire nuove centrali elettriche.
L'"auto 1%" non è un sogno. È un progetto reale per giovani che vogliano investire nel loro futuro. La ricetta per ottenere tutto questo è un investimento straordinario in ricerca nel clean tech per la mobilità, che veda impegnati i migliori centri di ricerca pubblici e privati non solo del nostro Paese, ma con un progetto di cui l'Europa sia il driver. I giovani lo chiedono con forza, noi non li dobbiamo deludere e dobbiamo fare presto perché i tempi per la realizzazione dell'auto 1% non potranno essere brevi.

(*Rettore del Politecnico di Torino)

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