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Conferenza di Copenhagen

Energie rinnovabili, per l'Europa extra-costi da 150 miliardi

di Federico Rendina

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20 febbraio 2009

Svantaggiati da un mix energetico avaro di carbone, privo del nucleare e ormai affidato alla prorompente ma pericolosa avanzata del gas metano. A spronare il riequilibrio energetico italiano sono gli analisti dell'Università Bocconi e di Accenture, nell'ultimo studio sul mix ideale dei combustibili per la produzione elettrica, che mette il dito sulle note piaghe ma lancia anche qualche utile messaggio inedito.

Sappiamo bene che solo una corretta mistura del gas, con più carbone (almeno il 20%) e una rinascita del nucleare (almeno altrettanto) può riallineare i nostri costi energetici e quindi i prezzi finali all'Europa. Ma ecco l'indicazione inedita, più confortante: siccome tutti i paesi dovranno incentivare l'uso delle più costose fonti rinnovabili, un po' per guadagnarsi il futuro remoto e molto per rispettare i vincoli che l'Europa comunque si è data, ecco che l'Italia ha buone carte da giocare. Sempre che riesca a correggere alla svelta un paio di storture: la burocrazia che frena le installazioni e, legata a essa, la necessità di compensare questi intralci con incentivi supplementari che si aggiungono a quelli comunque necessari ma che potrebbero rivelarsi molto presto insostenibili.

I conti, in prospettiva, sono presto fatti. Per soddisfare una crescita tendenziale di quasi un punto annuo nella domanda di energia elettrica (ora, per la verità, mitigata dalla crisi) i paesi europei nel loro complesso dovranno mobilitare da qui al 2020 investimenti colossali. Tra incremento netto del parco di generazione e sostituzione degli impianti obsoleti fanno – si valuta nello studio coordinato da Andrea Gilardoni per la Bocconi e da Claudio Arcudi per Accenture – non meno di 150 miliardi di euro. Questo nel caso – precisa Arcudi – si voglia usare il criterio del puro merito economico, ovvero le istallazioni più redditizie rispetto ai margini di generazione garantiti alle imprese.
Ma ecco l'obbligo "verde" imposto dall'Europa. Che si traduce nella necessità di raddoppiare, nello stesso periodo, la generazione da rinnovabili per raggiungere almeno il 30% della produzione elettrica totale (che corrisponde appunto al 20% del fabbisogno energetico complessivo del Vecchio Continente che la Ue vorrebbe affidare alle fonti verdi).

Bene per l'ambiente. Male per le finanze delle imprese. Anzi degli Stati. Perché rimarrà inevitabilmente il principio che vista la minore redditività delle fonti rinnovabili rispetto all'investimento gli Stati dovranno proseguire e anzi accelerare nella politica dei forti sussidi. Ecco dunque la stima formulata nello studio. Se teniamo conto (e non potremo fare altro) degli obblighi "verdi" i 150 miliardi necessari per l'incremento della generazione secondo il principio del merito economico diventeranno più o meno il doppio: 300 miliardi di euro di investimenti da qui al 2020. Un differenziale da finanziare, inevitabilmente, con denari pubblici. Fa notare a questo proposito la ricerca Bocconi-Accenture che il costo addizionale di generazione del mix "verde" voluto dalla Ue è apparentemente modesto rispetto all'attuale mix europeo: 5 euro a megawattora in più rispetto ai 60 euro stimati al 2012. Rimane il fatto che la differenza di costo di generazione tra una fonte rinnovabile e la tecnologia ideale dal punto di vista della redditività (nucleare o carbone, piuttosto che ciclo combinato di gas) e davvero rilevante: circa 30 euro a megawattora. Parte, anche sensibile, di questo sovracosto potrà essere recuperata con i corrispondenti diritti di emissione legati al Patto Kyoyo. Ma è impensabile che i privati, da soli, possano essere disponibili ad autofinanziare tutto ciò.

E veniamo ai segnali per l'Italia. Proprio in ragione del suo mix di generazione ora particolarmente oneroso – osservano gli autori della ricerca – l'Italia ha un sovracosto da generazione rinnovabile teoricamente ridotto rispetto agli altri paesi. A ciò si accompagna, da noi, una politica di incentivi all'elettricità "verde" particolarmente generosa, la più generosa d'Europa. Adottata anche per compensare le lungaggini e l'inaffidabilità delle nostre procedure autorizzative. Proprio su questo versante bisognerebbe agire per riequilibrare un rapporto tra incentivo e obbligo di installazioni verdi rispetto all'Europa che potrebbe, con gli attuali valori del sussidio, metterci decisamente in crisi.

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