Come essere certi che quanto scritto sulla propria pagina di Facebook non venga letto da chiunque? Come evitare che datori di lavoro, selezionatori di curriculum e pettegoli di ogni Paese conoscano convinzioni, intenzioni, stato di salute della persona che scrive? Come formare una cerchia selezionata per scambiare informazioni e chiacchere con un minimo di privacy dentro il social network più affollato del mondo (quasi 180 milioni di utenti)?
Questo progetto di ricerca ha permesso a Elena Ferrari, 40 anni, ordinario di Informatica alla facoltà di Scienze dell'Università dell'Insubria (sedi a Como e Varese), di vincere il Technical Achievement Award 2009, premio attribuito ogni anno dallo IEEE (Institute of Electrical and Electronic Engeneers), la più importante organizzazione internazionale di ingegneri elettronici, ricercatori e tecnici con sede a New York.
Ferrari, laurea e dottorato in Scienze dell'Informazione alla Statale di Milano, soggiorni di studio negli States, quinta donna a ricevere il premio dal 1985, anno in cui è stato istituito (nel 2002 toccò a un'altra italiana, Elisa Bertino), è stata premiata «per gli eccellenti e innovativi contributi nel campo della sicurezza dei dati» negli ultimi dieci anni. Ferrari si è sempre occupata di privacy on line, il suo gruppo di ricerca collabora con l'università del Texas a un progetto per rafforzare le tutele all'interno dei social network. «Stiamo studiando applicazioni che permettono agli utenti di decidere cosa pubblicare e con chi condividere queste informazioni. Attualmente reti come Facebook e MySpace offrono sistemi poco sofisticati: le informazioni sono visibili a tutti o a nessuno. Noi vorremmo personalizzare la navigazione attraverso meccanismi che, ad esempio, permettano all'utente di bloccare l'accesso a certe informazioni da parte delle aziende. Un'altra soluzione è fare in modo che l'utente gestisca in locale le informazioni che scambia con altri utenti, così i dati resterebbero sul suo pc e non sulle macchine del social network».
E' però necessaria la collaborazione del gestore. Facebook sembra invece intenzionato a seguire strategie opposte: vuole vendere i dati degli utenti a società che fanno ricerche di mercato e proprio oggi si è diffusa sulla rete la notizia cheFacebook ha cambiato le condizioni di utilizzo del sito in modo che tutti i contenuti postati diventino di sua proprietà. «E' necessaria la collaborazione del gestore per cambiare l'architettura della rete, cioè il modo in cui sono organizzati i dati – risponde Ferrari –. E di solito il gestore è poco sensibile agli aspetti della privacy: lo diventa solo quando è forzato dal legislatore o dalle polemiche. Ma le cose stanno cambiando perché aumentano lamentele e petizioni soprattutto in un paese come gli Stati Uniti dove la legislazione sulla privacy è ancora meno restrittiva che in Europa. Noi vorremmo che ci fosse la possibilità di proteggersi anche da parte dell'utente senza la collaborazione del gestore».
La professoressa ritirerà in autunno il premio che ogni anno è assegnato a quattro ricercatori in tutto il mondo. L'altro filone di ricerca che le è valso il riconoscimento riguarda la protezione dei minori-internauti dai siti pedopornografici. «In questo caso non c'è bisogno della collaborazione del gestore del sito: stiamo studiando dei software che permettano ai genitori di impostare criteri di ricerca sul computer di casa in modo che i figli non possano arrivare in certi siti. La difficoltà sta nel fatto che i contenuti della rete cambiano rapidamente, così anche i software si devono adattare con altrettanta velocità a questi cambiamenti».