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Alla Rai servirebbe un'iniezione di autonomia

commento di Marco Mele

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28 aprile 2009

Discontinuità è una parola magica. I vertici Rai la brandiscono nel corso della prima audizione in commissione di Vigilanza. I propositi sono ottimi. La descrizione di una difficile congiuntura precisa e abbastanza esaustiva (si poteva, magari, fare un confronto con il calo della pubblicità del primo trimestre negli altri media e nel concorrente privato).

Non é chiaro quale sia la discontinuità annunciata. Sul digitale terrestre "bisogna" andare avanti, al ritmo accelerato imposto dal governo. La leadership nell'ascolto resta fondamentale per non aumentare la perdita di pubblicità ed essere pronti a sfruttare l'eventuale ripresa. Non ci sono, insomma, molte scelte di discontinuità: l'unica, forse, riguarda le alleanza nelle piattaforme digitali: restare o no con i propri canali generalisti su Sky, portando e ricevendo ascolti con la piattaforma satellitare?

Quanto al pluralismo e alla libertà di espressione, non sembra che in Rai - sul complesso della programmazione informativa - ci siano eccessi straripanti o "bordelli" alla Indro Montanelli, francamente. La prudenza prevale, l'autocensura anche: forse, più che di modelli contrattuali sulla responsabilità editoriale servirebbe un'iniezione di autonomia e di orgoglio giornalistico.

Quanto ai conti, bisogna recuperare l'evasione del canone del 30% delle famiglie con tv, anche se il dato andrebbe ponderato perché gli abbonati sono quelli, ma non è facile stimare con esattezza il numero delle famiglie con tv. Bisogna, però, anche legittimare il canone agli occhi dei cittadini-contribuenti, se il presidente della Vigilanza, Sergio Zavoli, confessa «di non vedere differenza tra gli stilemi» usati nei programmi Rai rispetto a quelli della tv commerciale. Ecco, la vera discontinuità starebbe «nel non appiattirsi sui modelli della concorrenza, perché si è perduta l'identità del servizio pubblico». Chi ha pronunciato queste parole nel corso dell'audizione, il presidente o il direttore generale? Nessuno dei due: l'ha detto sempre il presidente della Vigilanza, Sergio Zavoli.

28 aprile 2009
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