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«Il broadband? Serve uno sviluppo sinergico delle reti fisse e mobili»

Di Gianni Rusconi

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1 maggio 2009

La tecnologia c'è, i servizi pure. Manca magari la "killer application" ma la domanda, in alcuni ambiti, continua a crescere. Quando si parla di "broadband" è però facile fare confusione perché il tema è vasto e assai complesso. L'industria delle telco vive, è noto, un momento particolarmente critico e non solo perché gli operatori sono chiamati a offrire connettività a banda larga in un mercato sempre più competitivo e devono aggiornare le dorsali delle rispettive reti per rispondere in modo efficiente ai volumi di traffico generati dai servizi voce, dati e video. Il problema, vero, è che investire costa e i margini di profitto, ulteriormente contratti dalla crisi dei consumi globale, non lo permettono. Di questa "dicotomia" che caratterizza oggi il mercato telco il Sole24ore.com ne ha parlato con Giancarlo Di Bernardo, capo del Business Segment Networks di Ericsson per tutto il Sud Est Europa e uno dei massimi esperti in materia di tecnologie broadband.

Proviamo innanzitutto a scattare, se possibile, una fotografia dello stato di salute della banda larga italiana?
La sintetizzo così: la connettività broadband è un servizio di cui necessitano tutti, privati, imprese, distretti ed enti pubblici. Sappiamo che il problema risiede nella carenza di infrastrutture e per superarlo serve uno sviluppo sinergico delle reti fisse e mobili. Occorre creare un ecosistema organico in cui convergono i vari attori del settore e un ecosistema applicativo in cui convergono reti abilitanti, terminali, piattaforme e nuovi modelli di business.

Come la mettiamo con il problema delle risorse necessarie per sostenere gli investimenti per le nuove reti?
Gli investimenti devono essere sostenibili rispetto alla potenzialità della domanda. Per questo è necessario generare nuovi orizzonti di offerta. Potenziare i servizi che la pubblica amministrazione eroga ai cittadini è un esempio.

E della banda larga in mobilità cosa si può invece dire: è un fenomeno, in Italia, ancora agli inizi o già maturo? Già si parla di reti 4G
L'offerta esiste e la domanda di servizi 3,5G è in crescita e in linea con altre realtà europee, basti pensare al business delle chiavette per pc mobili. Il numero di terminali e apparati che supportano le reti Hsdpa è inoltre molto consistente. Le reti di quarta generazione porteranno ulteriore valore aggiunto, ulteriore innovazione per quanto riguarda la componente multimediale.

Ha parlato di sostenibilità dell'investimento per gli operatori che devono rinnovare le infrastrutture: senza entrare nel merito della questione dello scorporo della rete Telecom, c'è a vostro avviso la necessità di un "nuovo" quadro regolatorio che faciliti l'autofinanziamento delle Ngn?
Una delle condizioni fondamentali per un rapido sviluppo di una rete nazionale Ngan (Next generation access network, ndr), in considerazione degli ingenti investimenti necessari alla sua
realizzazione, è l'integrazione a più livelli delle reti esistenti. Vanno stabilite da subito priorità negli investimenti pubblici a sostegno, in quanto la transizione verso le nuove reti non può basarsi unicamente sul potenziamento delle reti fisse, ma deve complementarsi anche con il più ampio sviluppo di quelle senza fili. Ciò consentirebbe di creare strutture "intermedie" anche a beneficio delle tecnologie di accesso radio a banda larga, che necessitano sempre più di metodologie di remotizzazione efficienti, il cosiddetto "backhauling". In questo contesto, un modello normativo che incentivi l'offerta di servizi in regime concorrenziale, fondato sull'indipendenza dalla tecnologia di accesso e sulla qualità del servizio garantito, favorirebbe il consumatore nella fruizione di servizi sempre più avanzati. Un quadro regolatorio stabile e lungimirante innesca nel sistema Paese quel processo virtuoso che oggi vede nella convergenza dei servizi la sua principale ragione di sviluppo.

L'Italia è in ritardo rispetto ad altri Paesi europei nella diffusione della banda larga perché, paradossalmente, soffre di un'eccessiva abbondanza di operatori?
L'Italia ha accumulato un ritardo nella disponibilità pervasiva delle infrastrutture fisse a larga banda in quanto sembra sussistere una difficoltà nell'identificare un attore che, in regime di mercato liberalizzato, sia in grado di finanziare gli investimenti per modernizzare la rete a livello nazionale. Le principali fonti di preoccupazione sono l'assenza di progetti strategici di lungo termine e la presenza di prezzi fortemente deflattivi. L'effetto più evidente di questo ritardo è il significativo tasso di digital divide, compreso tra il 12% e il 15% della popolazione distribuita su circa il 40% del territorio. E l'impatto negativo in termini di competitività per l'intero Paese è tale da non permettere di perseguire politiche di alfabetizzazione informatica più aggressive.

Se cablare in fibra ottica è insostenibile, l'unica alternativa per eliminare il digital divide nelle aree rurali è il wireless a banda larga? Oppure si può ritenere l'Adsl una tecnologia sufficiente a supportare determinati servizi dati?
  CONTINUA ...»

1 maggio 2009
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