TEHERAN - Il sito di maggior successo si chiama: «I bet I can find 1,000,000 people who dislike Mahmoud Ahmadinejad!», «Scommetti che posso trovare un milione di persone a cui non piace Mahmoud Ahmadinejad», pagina che ha raggiunto 35.865 sostenitori. Un successo che i giovani internauti di Teheran e i 3 milioni di espatriati con diritto di voto sperano possa arrivare a quota 200mila e a quel punto scuotere la sicurezza nell'establishment di vittoria sicura di Ahmadinejad, oggi certo di passare al primo turno delle elezioni presidenziali iraniane del 12 giugno.
Gli "amici di" Mir-Hossein Moussavi e Mehdi Karroubi, i due candidati riformisti iraniani, stanno impostando la campagna elettorale puntando su Facebook, bluetooh e sms per contrastare lo strapotere del presidente iraniano Ahmadinejad, forte di giornali, radio e televisione, anche se si vocifera che il Consiglio dei Guardiani della rivoluzione potrebbe permettere per la prima volta un dibattito televisivo "all'americana" tra i quattro maggiori contendenti.
I fan del candidato progressista Moussavi sono i più agguerriti in questo volantinaggio virtuale, che parte dal basso con una forte volontà di aggregazione via internet: i "moussavinternauti" hanno chiesto ai sostenitori dell'ex premier di mettere sul proprio "profilo personale" di Facebook il colore verde, simbolo dell'Islam e della propria scelta a favore di Moussavi. Immediatamente tra i 21 milioni di iraniani (su 70 totali) che hanno accesso a internet e tra quelli iscritti a Facebook è stato un passaparola che è diventato una valanga. L'ambiente è favorevole: il 60% della popolazione iraniana ha un'età sotto i 30 anni e più di 47 milioni possiedono un telefonino.
Anche bluetooh, la tecnologia che permette la trasmissione di file da telefonino a telefonino senza passare dalla rete (e quindi evitando l'occhiuta censura), è diventato un mezzo per far passare immagini e scritti al di fuori dei circuiti tradizionali, al punto che un esponente conservatore ha affermato che bluetooh è «una piaga sociale peggiore della tossicodipendenza».
I quartier generali dei due candidati progressisti sono coscienti che l'astensione colpirebbe soprattutto il fronte riformista: così è partita su Facebook, bluetooh e sms la campagna denominata: «Non voto = Ahmadinejad», uno slogan semplice diventato passaparola martellante fra amici sulla rete.
La battaglia elettorale passa naturalmente anche attraverso l'effetto-immagine delle pagine su Facebook dei candidati: una di quelle pro Ahmadinejad ritrae il presidente su uno sfondo di colombe bianche (simbolo di pace) dove si possono leggere commenti elogiativi del tipo: «grande leader», o «è il mio idolo» o «Allah è con lui»; un'altra di origine indonesiana si limita a pubblicare una bandiera israeliana barrata da una croce, riconoscendo al presidente la palma mondiale dell'antisionismo.
Il candidato riformista Mir-Hossein Moussavi su una delle 20 pagine a lui dedicate su Facebook, per un totale di 7.500 sostenitori, punta sul video in cui l'ex presidente Khatami sostiene la sua candidatura, mentre nella sua presentazione biografica scrive che lui è un discendente del profeta Maometto, sperando così di far breccia tra gli strati popolari oggi schierati con l'attuale presidente.
Mehdi Karroubi, l'altro candidato riformista, con sette pagine su Facebook, punta sulla sua foto con «il compianto Papa Giovanni Paolo II», segnalando così il fatto che lui è accettato dalla comunità internazionale mentre la politica di Ahmadineajd ha portato il paese all'isolamento.