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Le «cable company» minacciano gli ex-monopolisti. L'Italia fa eccezione

di Gianni Rusconi

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1 maggio 2009

I carrier ex-monopolisti rischiano, in Europa perlomeno, di dover affrontare momenti ancora più difficili di quelli che stanno vivendo attualmente. A minacciarne ricavi e nuove opportunità di business la reticenza nell'investire in fibra ottica e l'incapacità di rispondere agli ingenti investimenti operati sulla banda larga da parte degli operatori della Tv via cavo. Lo dice un recente studio di Fitch Ratings, secondo cui i gestori storici di Regno Unito, Belgio, Portogallo e Paesi Bassi devono affrontare una minaccia significativa in relazione all'elevato grado di sviluppo delle reti da parte delle "cable companies". Il fenomeno si spiega sia con ragioni di natura tecnologica che con motivi di ordine politico commerciale. Gli operatori della Tv via cavo hanno infatti dalla loro il jolly di uno standard (il Docsis, giunto alla versione 3.0) che supporta il protocollo Internet IPv6 e velocità fino a 160/120 Megabit al secondo e investimenti relativamente modesti (rispetto alle reti Dsl) per garantire sin d'ora servizi a 50 Mbps. I tradizionali carrier telco vivono invece nell'incertezza se destinare risorse alla copertura in fibra ottica fino alla casa del cliente (il cosiddetto Ftth, Fiber To The Home) o fino all'armadietto posizionato in strada (Fttc) o su un ibrido tra le due tecnologie e sono "pressati" sia dall'incertezza regolatoria sull'accesso alle reti di loro proprietà che dai rischi sul ritorno delle spese per ammodernare le infrastrutture.
Se per Fitch Ratings gli ex incumbent di Francia e Spagna sono ancora lontani dal sentirsi minacciati, data l'ancora scarsa presenza di operatori e reti via cavo, Telecom Italia è in una botte di ferro. Il Belpaese è infatto l'unico mercato sviluppato privo di un operatore via cavo e dove, conseguenza, l'operatore ex monopolista "è molto più protetto". Condivisibile o meno, l'osservazione degli analisti è supportata da un esempio concreto che porta il nome di Verizon Communications. L'operatore statunitense, recita lo studio, ha avviato tre anni fa la costruzione di una costosa rete in fibra Ftth sebbene operi in mercato già densamente popolato di grandi operatori e tale intraprendenza, a quanto pare, non ha avuto seguito se non nel caso di Bt Group, che spenderà 1,5 miliardi di sterline nei prossimi quattro anni per una rete ibrida Fttc/Ftth in grado di coprire 10 milioni di famiglie. Ben più attive, per contro, compagnie come Virgin Media, che in Gran Bretagna ha messo sul piatto meno di 300 milioni di sterline per raggiungere in banda larghissima 12 milioni di famiglie inglesi entro la fine di quest'anno. Vuoi la crisi economica, vuoi il gap tecnico fra servizi che sfruttano reti ad altissima velocità (fino a 50 Mbps) e altri che non superano i 10 Mbps (quelli forniti da una buona parte degli operatori tradizionali, con tutti i limiti del caso per ciò che concerne le offerte di IpTv e streaming video) ed ecco che le compagnie via cavo possono a ragione reclamare un posto al sole. In Europa è già una tendenza, l'Italia fa eccezione.

1 maggio 2009
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